È il 25 novembre del 1886 quando a Borgosotto si spegne Giuseppe Guerzoni (nella foto) uno dei più grandi personaggi del Risorgimento Italiano, un rivoluzionario vero, un uomo che non solo con l’azione ma soprattutto con la parola e il cuore ha cambiato il mondo.  

Guerzoni non era nativo di Montichiari ma aveva scelto il paese come patria d’ado-zione e vi aveva trovato spesso rifugio e pace.  

Era nato a Mantova il 27 febbraio 1835 e lì aveva trascorso i suoi primi anni di vita per poi trasferirsi a Calcinato dove la famiglia possedeva dei terreni e al padre era stato offerto un posto come funzionario comunale. D’animo ardente fin da giovanissimo, a tredici anni partecipa al Quarantotto a Milano e Brescia, esperienze che lo portano ad avvicinarsi a Mazzini e all’esilio volontario interrotto solo dalla morte della giovanissima morte e dai doveri come padre di un bambino di pochi anni d’età.  

Proprio in questa occasione trova conforto in un luogo che placa il suo animo perennemente inquieto: Montichiari dove arriva per istruire i giovani filodrammatici, ai quali, col pretesto del-l’arte, accende gli animi di forte patriottismo. All’ombra del Duomo, prendono probabilmente già forma quelle opere letterarie nelle quali il tema della Patria e della sua liberazione dominano versi e prosa, quella Musa poetica che diventerà ispiratrice di azione nel 1859, quando si farà garibaldino tra i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi

A fianco dell’Eroe dei due Mondi combatte anche nelle imprese non totalmente condivise con valore e coraggio, meritando encomi e medaglie: dalla Sicilia, all’Aspro-monte, da Bezzecca a Monterotondo, da Mentana a Roma, alla cui presa partecipa come soldato semplice. 

Una fratellanza di sangue lo lega al Generale del quale raccoglie confidenze e riflessioni anche quelle più amare. 

In seguito, come deputato del giovane Parlamento Italiano, mette in atto la politica del fare: si batte per l’obbligatorietà della scuola primaria, per l’abolizione dell’insegnamento religioso, per l’aumento dei finanziamenti alle università, per l’estensione della cittadinanza italiana ai cittadini delle terre irredente, per la proibizione dell’utilizzo dei minori in professioni girovaghe, per il trasferimento della capitale da Firenze a Roma. Quando decide di ritirarsi a vita privata la scelta cade sull’unico luogo dove il suo animo ha conosciuto la pace: Montichiari, in una casa studiata come ultimo rifugio, porto di un’esistenza impetuosa, laddove, tra gli alberi secolari e balcone che spazia verso l’ampio orizzonte, si possa dedicare agli studi e alla scrittura.

Sempre qui verranno celebrati i suoi funerali civili, per scelta senza presenza del clero ma con grande partecipazione di popolo, popolo che si accalca per strada, silenzioso ed immobile a salutare l’ultimo viaggio di un uomo straordinario che ha lasciato per sempre una città scelta per amore verso Varese dove sarà sepolto. Un uomo le cui tracce e i cui insegnamenti si possono ritrovare ancora qui e là nei vicoli monteclarensi come la nebbia che sale leggera dai campi in un novembre come tanti, che solo apparentemente è un mese di passaggio tra il vecchio e il nuovo. 

Marzia Borzi