Sono Carolina, ho 17 anni e in questo momento mi trovo negli Stati Uniti, per frequentare il mio semestre all’estero. Un anno fa ho deciso di intraprendere questa esperienza, che si sta dimostrando la più bella della mia vita. Mi trovo a Beaufort, una cittadina del South Carolina che si affaccia sull’oceano. Nel mio quartiere, la maggior parte dello spazio è occupato dal bosco ed è usuale vedere alligatori, cerbiatti, scoiattoli e procioni. Nonostante io non l’abbia scelto, amo questo posto. 

La mia famiglia ospitante è composta da due giovani genitori, Jake e Julie, una sorella di 13 anni, Claire, e un fratello di 15 anni, Trevor. Amo passare il tempo con loro: non solo sono divertenti, ma mi aiutano e mi sostengono in tutto quello che desidero fare, lasciandomi il mio spazio personale. 

Sono arrivata negli Stati Uniti il 9 gennaio e una settimana dopo ho iniziato la scuola.

La scuola americana è completamente diversa da quella italiana: frequento le lezioni dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 15, ho una pausa pranzo e quattro materie, che sono le stesse ogni giorno. I professori non ti valutano su verifiche o interrogazioni, ma sui progetti o i lavori che ti assegnano ogni giorno, per i quali però ti danno tempo in classe, in modo che non sia necessario lavorare anche a casa. Il rapporto tra professori e alunni è molto amichevole e poco formale; andare a scuola qui non significa solo imparare, ma anche socializzare, e non solo con persone della tua età, ma anche con gli insegnanti.  

Nella mia scuola non sono l’unica exchange student; ho infatti stretto legami con persone che si trovano nella mia stessa situazione.

Gli sport qui sono considerati fondamentali nella vita di un adolescente. Io sono entrata a far parte della squadra di softball, disciplina simile al baseball, tranne per qualche differenza riguardo alla grandezza della palla e della mazza e alla modalità di tiro della palla all’inizio della partita. 

L’adolescenza americana e quella italiana si trovano su due piani differenti, i giovani trovano altri modi per divertirsi. Per esempio, in America per entrare in una discoteca devi avere almeno 21 anni, ma allo stesso tempo per un ragazzo o una ragazza di 16 anni è comune lavorare e guidare.

Insomma sono entrata a far parte di una realtà completamente diversa, ho dovuto adattarmi a molte cose. All’inizio non è stato facile, ma con il tempo ho conosciuto persone che mi hanno fatta sentire a casa. 

Carolina Morandi, 4ALSU