Nel corso del Cinquecento furono numerosi i bresciani che emigrarono a Venezia per praticare l’arte della stampa e nessuno fu in grado di dare lustro a questa attività come fecero loro. 

Nell’anno dantesco che stiamo vivendo molti studiosi e ricercatori hanno mostrato un rinnovato interesse per le edizioni della Divina Commedia, imbattendosi spesso in protagonisti delle nostre terre.

Le alunne della 3^ D Liceo Linguistico, guidate dal prof. Severino Bertini, hanno approfondito le vicende di una prestigiosa dinastia di stampatori originari di Lonato: i Rampazetto.

Francesco, il capostipite, emigrò a Venezia e iniziò a stampare verso la metà del Cinquecento nella sua bottega in Calle delle Rasse, una via posta dietro il Palazzo Ducale. Fu lui che nel 1567 stampò il Ricordo d’agricoltura del celebre agronomo lonatese Camillo Tarello

Stampò i classici come l’Orlando furioso e l’Eneide; fu tra i pochi tipografi, assieme ai Nicolini di Sabbio Chiese, a stampare in greco.

Stampò anche l’Odissea di Omero in lingua castigliana, tutte operazioni editoriali rese possibili dalla notevole disponibilità di caratteri mobili e dalla presenza in bottega di compositori esperti in lingue straniere. 

La sua apprezzata preparazione tecnica gli permise di scalare in tempi brevi i vertici dell’Arte dei Librai e degli Stampatori fino a ricoprire, nel 1572, la carica di Priore. 

Come altri stampatori anche il Nostro si cimentò con la Commedia di Dante

All’inizio degli anni Sessanta del Cinquecento entrò in possesso di materiale tipografico appartenuto a Francesco Marcolini da Forlì, uno stampatore di primissimo livello che smise l’attività nel 1559. Facevano parte dell’attrez-zatura anche 87 silografie, attribuite a Giovanni Britto, con cui Marcolini stampò nel 1544 la Commedia commentata da Alessandro Vellutello. Di quell’edizione, oggi considerata una delle migliori del periodo, il Rampazetto acquisì i “rotti”, cioè alcuni fascicoli stampati non ancora rilegati, e a volte incompleti. Lo stampatore 

lonatese cambiò il frontespizio mettendo la propria marca editoriale, integrò le parti mancanti, e nel 1564 mise sul mercato quella che in gergo viene detta “rinfrescatura”. Probabilmente gli esemplari erano in numero ridotto e questo spiega perché oggi se ne conoscono solo due copie: la prima è conservata presso la Biblioteca della University of Notre Dame (Indiana, USA), l’altra è stata recentemente posta in vendita sul mercato antiquario di New York al prezzo di circa 30.000 dollari. 

Purtroppo Francesco morì giovane di peste nel 1576, ma l’ars artificialiter scribendi continuò in Calle delle Rasse coi figli Giovanni Battista, Giovanni Antonio e Giacomo.

Anche i tre fratelli seguirono la via tracciata dal padre e nel 1578 stamparono, «ad instantia di Giovambattista, Marchio Sessa, et fratelli», una imponente edizione in-folio della Commedia di oltre quattrocento carte. Il titolo era Dante con l’espositioni di Christoforo Landino, et d’Alessandro Vellutello e il curatore era il letterato Francesco Sansovino che scelse di mantenere i commenti dei due più importanti commentatori allora conosciuti. 

L’edizione si ritagliò un posto importante nella tradizione iconografica in virtù del ritratto sul frontespizio raffigurante il profilo del Poeta cinto d’alloro. 

L’immagine, che si ispirava al Dante dipinto dal Bronzino, era caratterizzata da un naso prominente e l’edizione prese così il nome del “nasone”.  

L’opera fu ingentilita dalle silografie discese dall’edizione stampata del Marcolini perfezionando una formula di successo che fu replicata nel 1596. 

«Affrontare un argomento così vasto», dicono Giulia e Giada le due rappresentanti di classe, «ha suscitato in noi grande stupore e interesse.

Attraverso la ricerca, la lettura, l’analisi e la trascrizione di documenti inediti d’archivio abbiamo capito in cosa consiste il lavoro dello storico; un metodo didattico molto raro da vedere in una scuola superiore, ma dall’alto valore formativo».