Politico coraggioso tanto tra i banchi del Parlamento italiano e del Governo quanto in quelli della grande casa europea, intellettuale raffinato e generoso, appassionato della scuola e della famiglia: quante vite ha vissuto Mario Pedini, che giusto vent’anni fa si spegneva, in una calda estate romana, a 84 anni a mezzo? Sembra ieri di vederlo camminare a passo lento per le strade di Montichiari, mani dietro la schiena, sguardo lucido e perspicace, mentre teneva d’occhio la bellezza dell’imponente Duomo o, osservata da lontano, quella dell’amata Pieve su cui più volte scrisse righe di indubitabile bellezza. 20 anni senza Pedini, senza un politico credibile e coraggioso, senza un uomo coltissimo e scevro di arroganze e vanagloria, capace di spaziare dalla musica classica alla letteratura, dalla filosofia alla giurisprudenza con agilità ed efficacia, senza soprattutto un monteclarense di cui andare fieri e di cui grande è vieppiù la mancanza. La sua città, quella Montichiari in cui aveva avuto i natali il 27 dicembre 1918, non intende dimenticarlo ed ecco che grazie alla sinergia tra l’Amministrazione comunale e la Fondazione Amedeo Pedini (di cui pure ricorre nel 2023 l’importante anniversario del 60° di istituzione) hanno in serbo due importanti iniziative, entrambe di segno culturale: la ristampa di “Accento di paese”, forse il libro più “luminoso” di nostalgia e ricordi del senatore la cui prima edizione era apparsa nel 1998 per Zanetti Editore, e la realizzazione di un convegno, nel prossimo autunno, che ne faccia memoria rievocandone i tratti salienti della vita e della professione. Nel primo caso l’intera spesa sarà sostenuta dalla famiglia Pedini, segnatamente dal figlio Enrico e dalla figlia Mariateresa, che omaggeranno inoltre i presenti alla conferenza di una copia del testo. “Più avanzi negli anni, più ti ritorna in bocca il sapore della vita vissuta e, con esso, l’accento del tuo paese antico. Ti piacerebbe allora ricominciare il viaggio della vita e contemplare paesaggi di un tempo colti forse troppo fugacemente”: principiava così l’introduzione con cui il senatore apriva le pagine del libro, un tratto di penna intinta in un crogiuolo di emozioni e sentimenti mai sopiti, pronti ad emergere nell’osservazione di questo o quel monumento, questa o quella casa, questo o quel luogo carichi di malinconia che gli ritornavano nella mente una volta lontano. Un caleidoscopio di pensieri, snocciolati con un linguaggio elegante e diretto, figli di un’esperienza umana intrisa di religiosità sincera e di un amore per i suoi cari e per quella Montichiari che egli ha sempre serbato nel cuore, come linfa feconda, sino alla fine.

Federico Migliorati