Egregio Direttore,

spesso si ricordano i tempi della giovinezza con dei flash su particolari momenti, così in questi giorni, essendo venuto a mancare un mio grandissimo amico di gioventù, mi è tornato alla mente l’intero film degli anni passati insieme. Giovanni Seller. detto Vanni, era di Verolanuova come me ed abitava in “Zona U”, quartiere povero, degradato, coi residenti considerati allora come manigoldi o, peggio, banditi. Quante partite a pallone ci siamo fatti assieme a Vanni, anche se lui era particolarmente bravo. Infatti, al contrario di me ha continuato a giocare per diversi anni nel ruolo di centromediano, facendo parte in seguito anche della Virtus Manerbio. Se alle spalle avesse avuto una famiglia benestante, avrebbe potuto sicuramente fare carriera come calciatore. Eravamo giovanissimi e sempre insieme; dalla primavera frequentavamo assiduamente il Parco delle Vincellate, situato tra Verolanuova e Pontevico. Questa meraviglia della natura era lontana alcuni chilometri da casa e per raggiungerla battevamo il sentiero ai margini delle rotaie della linea ferroviaria Brescia-Cremona. Molto spesso, per gioco o forse per un senso di sfida, camminavamo anche sulle rotaie e, all’ultimo momento quando sentivamo il fischio del treno, saltavamo giù dai binari senza mettere in conto il rischio che correvamo, infischiandocene dei rimbrotti del macchinista. Malgrado ciò, fortunatamente, non è mai successo nulla: eravamo dei veri incoscienti. Come ora, le Vincellate erano un polmone di verde e di frescura, e diventava un ritrovo per tanti gruppi di ragazzini di Verolanuova, Pontevico, Bettegno. Oggi è un’area protetta, ma in quegli anni tutti facevano quello che volevano: per noi ragazzi era un vero e proprio campo di battaglia, ragazzi che affrontavano quelli di altri paesi con spade di legno o si azzuffavano per la supremazia. Si cacciava con le fionde, si andava in cerca di nidi, si scovavano rane e “campér”, rinfrescandoci poi con un bagno collettivo nello Strone. Passarono gli anni e noi inseparabili amici, Vanni, Palmiro Savoldi ed io, cambiammo destinazione, spostandoci da Verolanuova a Manerbio a trovare le rispettive “morosine”. Ci incontravamo al bar “da Laurina”, di fronte all’entrata della chiesa, con un nutrito gruppo di giovani di Manerbio per giocare a calciobalilla, a briscola e a scala quaranta, Alcuni di loro li ricordo come fosse adesso: Giuseppe Berteni, Cesarino Gilberti, Lorenzo Barbariga, Luigi Botta, Piero Gelmini, Rico ed Enrico Bracchi, Giuseppe Boffelli (Pepelo) Luciano Amorosi. Erano con noi spesso anche i ragazzi della Virtus, quando lo stesso Vanni faceva parte di quella squadra: Franco Pezzi, Renato Zambotti, Bruno Montani, Baroncini (Baro), Baroncini Francesco (Tasselli), Zanoletti (Tremendo), il mitico Giacomo Bortolozzi, Luigi Persico e Raimondi (Bughi). Un giorno Vanni mi chiese a bruciapelo di accompagnarlo per un colloquio di lavoro al calzaturificio Walez-Gemor in paese a Verolanuova, non sapendo che quell’incontro ci avrebbe cambiato la vita. Ci ricevette il signor Morosini in persona, uno dei proprietari, ed io rimasi stupefatto dalla grande accoglienza che ci fece, al punto da chiedere ad entrambi quando avremmo voluto cominciare a fabbricare scarpe nella sua ditta. Mentre Vanni era senza lavoro, io ero dipendente di una conceria, pure in Verolanuova, ma accettai ugualmente, lavorando alle scarpe per alcuni anni con lui. Era il 1962. Quando Vanni successivamente sposò Franca, di Seniga, mi chiese di fargli da testimone di nozze, ed io, ovviamente, accettai con grande piacere. Fui contento per lui, essendo riuscito a crearsi una sua famiglia, mi rattristava però che andasse ad abitare a Brescia, al quartiere Lamarmora, dove fondò con successo una ditta di pavimentazioni e piastrelle, riscattandosi pienamente da un’infanzia così poco generosa con lui, come lo era stata del resto la mia.

Luigi Andoni