Maurizia Triggiani e Marco Bottarelli sono marito e moglie, vivono a Milano e scrivono a quattro mani. Lei è laureata in Economia e ha lavorato per anni come buyer (= rappresentante dell’azienda durante le operazioni di acquisto) di accessori nel mondo del commercio online. Lui, invece, è laureato in Architettura. Nel 2020, la coppia ha fondato DoFit, una piattaforma digitale di fitness e benessere. Online, sono noti come “i Disordinary” e s’impegnano a raccontare la realtà delle “seconde famiglie”, quelle nate dopo matrimoni precedenti. Affiatamento e autoironia sono gli irresistibili ingredienti della loro scrittura, che hanno permesso loro di arrivare a case editrici come De Agostini e Sperling & Kupfer. Da La Corte Editore è stato invece pubblicato il loro thriller, “Io ti vedo” (2023). L’hanno presentato proprio a Manerbio il 17 febbraio 2024, in occasione del “Sabato con gli autori” organizzato da “Ohlala! Concept Creativo”. Abbiamo conosciuto quest’ultimo come merceria; dallo scorso giugno, include anche una mini-libreria, per rispondere alla chiusura di tutte le librerie del centro cittadino. A moderare l’incontro, è stata Silvia Ungaro.

In quella cornice peculiare e accogliente, Triggiani e Bottarelli hanno parlato dei retroscena del loro romanzo. Ovviamente, esso risente dei loro rapporti personali: rotture, rappacificamenti, interessi comuni. Entrambi amano il genere giallo e pare che l’idea di fondo di “Io ti vedo” sia nata da una ripicca personale di Maurizia verso Marco… Ma di cosa parla?

Il romanzo è un “legal thriller” su un caso apparentemente irrisolvibile. Il reo è Andrea Ripani, soprannominato dalla stampa “il Cappellaio Matto”: avrebbe infatti soffocato le sue fidanzate servendosi di cappellini. Eppure, è stato prosciolto per insufficienza di prove. Quale che sia la sentenza ufficiale, l’opinione pubblica lo etichetta come colpevole. Che vita lo attende? In più, ci sono due personaggi intenzionati a scoprire la verità. Uno è l’ispettore Zeno Montelupo, un pasticcione più simile a un poliziotto autentico di quanto non siano solitamente i protagonisti dei gialli. L’altra è Beatrice, una podcaster di “true crime”, ovvero di delitti reali, che vuole sconfiggere la concorrenza servendo al suo pubblico la soluzione del caso. Quale sarà la famosa verità? Nessuno spoiler, ma… pare che sia alquanto imprevedibile.

In queste pagine, secondo gli autori, il lettore trova la vita di tutti i giorni: la sensazione di essere inadeguati agli eventi (come il povero Zeno, solo per caso omonimo del personaggio di Svevo), l’ansia di “arrivare primi” o di far qualcosa di rilevante da lasciare al mondo (come nel caso di Beatrice). C’è lo strapotere dei media, che quasi supera quello dei tribunali. C’è tanto di quell’Italia in cui i gialli reali, se non si risolvono subito, non si risolvono mai. Soprattutto, c’è un aspetto della natura umana con cui conviviamo senza neppure renderci conto di quanto sia inquietante: quelli che chiamiamo “mostri” sono parti di noi che, a volte, prendono confidenza con la luce e capiscono che si può “vivere in due”, essere due persone contemporaneamente. Il thriller attira perché dà l’impressione che il delitto faccia parte di un mondo lontano da noi e che tutto si risolva in un ristabilimento dell’ordine; ma è davvero così? 

“Io ti vedo” è complesso sia nella trama che nei personaggi. Ci sono sorprese, cambi di punti di vista e di piani temporali. Ogni capitolo rimette in discussione le certezze del lettore. In tutto questo, non manca la possibilità di empatizzare coi personaggi, di sentirli “veri”. Il resto? Vi lasciamo il piacere di scoprirlo.