Anche nel 2023 il Bar Borgomella ospita una mostra collettiva intitolata “Tempo di Pasqua”. È stata inaugurata il 26 marzo e rimarrà aperta fino al 29 aprile. Con il collettivo “In Essere”, hanno collaborato il gruppo di acquerello Nexus di Ghedi e il Fotoclub di Leno.
Zefirino Buono ha rappresentato la Resurrezione coi materiali più semplici: carta, garza, cera. Un uovo sormontato da una croce sorge dalla porta degli Inferi, rappresentata da una banconota (la “corruzione del dio denaro”); esso è circondato sia da teschietti (gli spiriti degli Inferi) che da volti alludenti alla lunga storia di cui fa parte il Cristo.
Giovanna Cremaschini ha reinterpretato la Deposizione presente nella pieve di Manerbio inserendola in una cornice floreale, che allude al Paradiso. Lucia Aresi ha esposto quattro dei suoi celebri acquerelli: un nido con uova; un’alba all’orizzonte; un volto di Cristo; fiori di pesco.
L’opera forse più sorprendente, però, è quella di Luigi “Bigiai” Viviani: una croce composta interamente di piume rosa intenso, tendente al rosso. Sembra quasi composta da fiamme, o dalle ali dei serafini: rende la violenza della Passione, insieme allo splendore della Resurrezione.
Totalmente diverso è il Crocifisso di Lorena Lamagni, realizzato in blocchetti lignei colorati d’argento: preziosità, solidità e purezza, insieme a un’essenzialità astratta nella figura. Sempre di Lorena Lamagni è il seguente dipinto: una croce nera gocciolante un’infinità di colori che si fondono l’uno nell’altro, come se da essa emanasse tutta la varietà del creato.
Apparentemente distante dal tema è il collage di Marcella Bertoli: “Come scegliamo di rappresentarci”. Una figura di donna accovacciata, su uno sfondo equamente diviso tra bianco e nero, mostra linee colorate sulle braccia. Alludono ai tatuaggi con cui la donna vuole (appunto) rappresentarsi, cercando di esprimere il suo interno conflitto fra luce e ombra. Celebrare la rinascita pasquale significa anche trovare un nuovo modo di essere, voltare pagina rispetto al nostro “io” del passato.
Fabiana Brognoli ha proposto un’icona del Cristo Pantokrator in chiave quasi astratta: sopra un tappetino scuro, una serie di carte di caramella è stato trasformato in tessere colorate e le capocchie di alcune puntine sono divenute perle bianche che punteggiano le tinte vivaci.
Di Luciano Baiguera, curatore della mostra, è la “Resurrezione”: l’evangelica “porta stretta” si apriva luminosa e con grande slancio verticale; in essa, uno sguardo ravvicinato distingueun’infinità di volti.
Un altro collage è quello di Alessandra Comaroli: volti idealizzati di ragazze, probabilmente Madonne, mostrano la fatica di giungere dal dolore alla Parola, dalla lacerazione alla nuova vita.
Jacques Zambolo ha realizzato un “Cristo deposto” in bronzo: forme e volumi emergono dalla materia, facendoci quasi percepire lo sforzo di liberarsi dalla massa indistinta.
Cristina Brognoli ha realizzato una scultura dalle forme dechirichiane: “Fides, Spes, Caritas”. Le tre virtù teologali sono rappresentate da manichini senza volto, eppure carichi di pathos per via di alcuni dettagli: il masso retto dalla Fede, le contorsioni della Speranza, le mani grandi (ma senza braccia) della Carità.
La parte fotografica della mostra aveva scelto di cogliere alcuni oggetti dal valore simbolico: dai tradizionali segni cristiani della Pasqua a un sole che rinasce fra rami d’ulivo; da una croce in chicchi di riso (abbondanza e fertilità) con un Crocifisso dalla testa d’uovo a un fiorellino nel cemento. Festa religiosa e rinnovarsi della natura: tutte le sfaccettature di un periodo che parla di voglia di rinascere.