Già prima della pandemia da Covid-19, il benessere psicologico dei giovani era fortemente a rischio. I dati OCSE relativi all’anno 2017 parlano di un 70% di 15enni italiani che affermano di provare ansia, stress prima di una verifica o un’interrogazione. Sui 3651 studenti coinvolti nel sondaggio, 9 su 10 dichiarano di provare forti sensazioni di disagio in prossimità di un esame. Se si trattasse semplicemente di un po’ di “stizza” per un compito in classe non ci sarebbe nulla di cui preoccuparsi. In realtà non è solo una sana dose di paura per una prova scolastica a mettere in difficoltà i giovani, ma un disagio molto accentuato che sfocia in attacchi veri e propri di ansia. Difficile spiegare ai ragazzi che il voto non li rappresenta perché a caricare di significato questi numeri sono spesso genitori e insegnanti. Ad avvertire forti stati  di stress non è solo chi arranca sui banchi di scuola ma anche chi è meticoloso, studioso e dotato intellettualmente. All’Istituto Superiore Pascal di Manerbio, da 11 anni Giuseppina Antonini, psicologa e psicoterapeuta, si occupa dello sportello psicopedagogico e di aiuto rivolto agli studenti. Antonini conferma – a partire soprattutto dalla pandemia – un trend in crescita di fenomeni di ansia tra ragazzi. “Le cause degli stati d’ansia tra i giovani possono essere molteplici” precisa la psicologa e psicoterapeuta “un aspetto che trovo ricorrente è la difficoltà dei ragazzi a gestire il fallimento e la conseguente paura di non farcela. Spesso anche sul fronte del primo ostacolo o della prima frustrazione, i ragazzi fanno fatica a reagire con comportamenti resilienti e si lasciano sopraffare da pensieri disfunzionali che ne minano il senso di aiuto, efficacia e autonomia”. Queste problematiche ansiose, se di forte impatto, prosegue Antonini, possono essere molto deleterie per il rendimento scolastico, soprattutto nel caso in cui l’ansia sia talmente pressante da impedire la regolare frequenza alle lezioni. Individuare le cause di questo profondo disagio non è semplice. Da un osservatorio privilegiato come quello della dottoressa Antonini si può dire che spesso, all’origine di questi stati di ansia, ci siano vissuti specifici che dovrebbero essere individuati e analizzati. “La comunicazione e soprattutto la collaborazione tra la scuola e la famiglia sono elementi essenziali per la promozione del benessere dei ragazzi dentro e fuori gli istituti scolastici” precisa Antonini “un lavoro ben concertato tra queste due entità può decisamente aiutare i ragazzi a prendere consapevolezza della propria situazione e a mettere in atto quei comportamenti virtuosi necessari al cambiamento, supportati da adulti che hanno fiducia in loro e nelle loro capacità”. All’inizio dell’anno scolastico 2019/2020, quindi prima dell’arrivo dell’emergenza sanitaria, il pedagogista Daniele Novara, esperto e professionista apprezzato in ambito nazionale e presidente del Cpp di Piacenza (Centro Psico-Pedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti), ricordava che a scuola ci vanno i figli non i genitori e che gli studenti “sono circondati da una bolla ansiogena per cui vengono controllati da tutto e da tutti” facendo qui riferimento anche all’introduzione del registro elettronico che spesso consente ai genitori di sapere i voti di interrogazioni e verifiche ancora prima dei figli. Novara – raggiunto telefonicamente, ndr – oggi, come quattro anni fa è fermamente convinto della valenza educativa e formativa dei fallimenti ed  esorta genitori ed insegnanti a mettersi un po’ da parte per fare in modo che i giovani “cadano per imparare a camminare, come hanno fatto da bambini”. 

Barbara Appiani