Guanti, occhiali, mascherina, tuta da palombaro e calzari. Lo si vedeva girare così in paese e suonare agli usci delle case dove era atteso spesso come si aspetta la manna dal cielo. Per avere un responso professionale, per ricevere un conforto, per guardarlo negli occhi e sperare che no, non fosse davvero Coronavirus. 

Il dottor Piersevero Micheli resterà scritto nero su bianco nella triste parentesi orceana di questi mesi, vergato sulla pergamena insieme a chi ha lottato, a chi è tornato dalla guerra e a chi invece non ce l’ha fatta. 

Lui è uno di quei camici bianchi che ha combattuto con tutte le sue forze, mettendo la sua professionalità a servizio degli altri, sopperendo ad alcuni suoi colleghi che purtroppo hanno ceduto alla malattia, finendo nelle corsie degli ospedali.

Con l’ardore della gioventù , con il coraggio di un ventenne mandato al fronte sul quale più della paura vince il desiderio di dare tutto se stesso per salvare gli altri, il dottor Micheli di Orzinuovi a 69 anni ha combattuto la battaglia del virus in prima linea, vivendo il suo mestiere come una missione.

Rifiuta l’epiteto di eroe che ormai molti gli hanno attribuito, ma se tale non vuole essere chiamato, sicuramente un plauso gli va per la serietà e lo spirito di abnegazione con i quali, a pochi passi dalla pensione , ha affrontato la tragica parentesi orceana legata al Coronavirus. Il medico orceano ha visitato in due mesi a domicilio circa 100 persone sospette Covid. Addirittura la sua fama ha varcato i confini del territorio e ultimamente è stato chiamato a a Calcio e Castrezzato. 

“Noi medici di famiglia siamo la grande risorsa sul territorio e in questi momenti di grande emergenza dovremmo sentire tutti l’obbligo etico di un impegno grande – ci rifeirsce il dottor Micheli. “Ma fondamentale sarebbe la nostra responsabilizzazione. Non si può visitare con uno smartphone a distanza e questo non mi stancherò mai di ripeterlo…Il primo paziente l’ho visitato a mani nude il 25 febbraio. Non eravamo preparati e siamo entrati in battaglia disarmati inizialmente. Era una polmonite, l’ho fatto ricoverare, ma purtroppo non ce l’ha fatta. Da lì i casi hanno inziato moltiplicarsi. Io ho incominciato a proteggermi con quel che avevo, inizialmnte in modo un po’ naif, poi meglio. non so se sono stato fortunato, ma ad ora il virus mi ha risparmiato.

Seguo come medico di base 1500 pazienti ad Orzinuovi. Ho sempre avuto questo incubo nella mia vita, che si ammalassero tutti o la maggior parte di loro insieme e di non potercela fare a salvarli. Questo terrore non avrei mai pensato si concretizzasse davvero. Io allora ho cercato di fare del mio meglio. I pazienti vanno però visitati di persona , bisogna auscultare il torace perché telefonicamente non si capisce la situazione clinica di un malato – ci riferisce. “Poi a volte basta un conforto, una parola, la vicinanza per non fare sentire ulteriormente sole e abbandonate queste persone debilitate da una malattia che ti mette in ginocchio e che se presa troppo tardi non lascia scampo”.

Tra i problemi maggiori  l’impossibilità di appoggiarsi ad un’organizzazione strutturata, dotata di risorse strumentali atte ad una diagnosi rapida e sicura. 

“La diagnosi è alla base di qualsiasi processo successivo, terapeutico, prognostico, di isolamento, di individuazione dei contatti. Se preso in tempo, un soggetto può salvarsi. Con le risorse diagnostiche limitate al contenuto della mia borsa, con la mia tenacia e con l’esperienza di tanti anni di lavoro, sono riuscito, nel mio piccolo, a curare a casa chi ho potuto senza intasare i Pronto Soccorso e a selezionare efficacemente i casi realmente bisognosi”. 

E cosa bisogna fare ora per evitare che questo incubo si ripeta? 

Potenziare le risorse sul territorio per non dover aumentare i posti di terapia intensiva; Aumentare il numero di professionisti del servizio pubblico, dato che in marzo potevamo contare solo su due infermiere per tutto il distretto, e creare unità mobili attive a supporto diagnostico valido ai medici di Famiglia”.

Mentre ci parla il suo telefono squilla in continuazione; dispensa consigli, dice di aspettare, che arriverà in fretta. Poi sale sulla sua bici e parte a svolgere la sua missione.

Non ha tempo da perdere.

Silvia Pasolini