La gente del paese pretende che le offerte ricevute così copiosamente siano destinate alla edificazione di una cappella anche perchè convinta che l’apparizione sia effettivamente avvenuta.

3 luglio.
In effetti verso la fine di giugno e i primi giorni di luglio il morbo dispiega il massimo della sua virulenza; il 3 luglio vi sono a Orzi 19 nuovi contagi e si contano 13 morti. “Fu il punto culminante del morbo, che dopo parve ammansarsi”.
Riferisce il Perini che nel mese di luglio “si contarono tante morti quanto in un anno di ordinaria mortalità”.

6 luglio. La Fabbriceria avanza al Comune la richiesta di donazione dell’edificio inglobante la porta S. Giorgio, “e si lusingava che il Consiglio [comunale] avrebbe acconsentito”. Il Consiglio tergiversa per alcune settimane.

Metà luglio.
Si interviene sulla fontana, dandole la forma attuale. Il Perini ci ricorda che è “completamente falso che il cholera sia cessato quando il 16 Luglio, come si volle dire, fu collocata la tina della fontana, e che Libera Maffeis, morta in tal giorno, ce n’abbia liberati, giocando quasi col nome: errore che si cercò di perpetuare sulla lapide della defunta […] colle seguenti rimbombanti parole: Ultima delle vittime / che il cholera fulminò / O Libera Maffeis / …/ placasti colla tua morte / gli sdegni di Dio vendicatore / ecc.”.

10 agosto
Il parroco visti inutili i suoi sforzi di convincere la gente che non c’era stata alcuna apparizione e vedendo crescere il malumore dei paesani nei suoi riguardi, ottiene dal vescovo di Brescia il nulla osta per la nuova chiesa. Il vescovo pretende “che di apparizione non si parlasse”.

12 settembre.
Secondo il Perini l’ultimo decesso dovuto al colera si ebbe il 12 settembre.

17 novembre. Si decide di convocare un Consiglio comunale straordinario per deliberare sulla richiesta di donazione avanzata dalla Fabbriceria: “tanto per la riduzione della porta [di San Giorgio] ad uso Santuario quanto per l’abbellimento delle opere esteriori, esclusa però ogni distinzione che vorrebbesi dare alla località dell’aqua sulla quale non avrebbe convenuto Monsignor Vescovo”. Escludere in pratica nel nome della nuova chiesa qualsiasi riferimento all’apparizione della Madonna e alle virtù curative della fontana, come aveva categoricamente imposto il vescovo.

22 dicembre.
Si tiene il Consiglio straordinario, benché ridotto a soli dodici consiglieri, durante il quale si delibera di concedere l’atrio della porta per l’uso richiesto, “restandone però la proprietà nel Comune”.
Quindi non una donazione, ma una concessione d’uso. Si delibera inoltre di istituire una Commissione che stabilisca “in concorso della Amministrazione Comunale e della Fabbriceria l’andamento, l’amministrazione e la riduzione del Santuario medesimo”.
Commenta il Perini che si intendeva escludere del tutto la Fabbriceria per evitare che questa stornasse “delle elemosine per coprire i propri debiti”, dovuti all’organo e all’acquisto di una pisside nuova per la Chiesa parrocchiale.

14 maggio 1837.
Dopo alcuni interventi tesi a migliorare l’edificio per renderlo più idoneo ad ospitare una chiesa, il 14 maggio “Fra il suono della banda e lo sparo dei mortaretti” si interviene sul muro sul quale era situata una brutta immagine della Vergine per formare “un po’ di sfondo per la cappella”.

Giugno 1837.
Arriva da Milano l’altare e viene situato nell’edifico. Era stato l’arciprete Lorenzoni a recarsi in precedenza a Milano a ordinarlo.

Ottobre e inverno 1837.
Dopo i vari lavori di adattamento, l’arciprete benedice, con licenza del vescovo, la nuova chiesa. Durante l’inverno si piantano gli ippocastani. A questo proposito il Perini ci ricorda il commento sconsolato e ironico del parroco Lorenzoni: “l’Arciprete a vedervi del [18]37 tirate le linee di castagni, ricordevole dei dispiaceri patiti, dicea con previsione che il Santuario sarebbe stato da intitolarsi «La Madonna delle castagne amare»”.

Aprile 1838.
Il pittore Giulio Motta interviene sul brutto dipinto raffigurante la Madonna: “riduceva a meno sproporzioni l’immagine”.

1839.
In quest’anno “furono provveduti seimila carpani [Carpini] per tirare una siepe sulle linee esterne del passeggio, i quali ebbero il giudizio di non metter radice”.
Sagace e pungente ironia del Perini.

Agosto 1845.
Hanno inizio i lavori per il campanile “su cui fu posta la croce il 22 settembre”. Il progetto è opera dell’architetto Rodolfo Vantini, personaggio di spicco dell’architettura bresciana dell’ottocento e autore di un progetto per il santuario che poi fu abbandonato.

Le elemosine.
Il Perini chiude il suo resoconto con un amaro accenno alla amministrazione delle elemosine. Afferma che a fine dicembre 1836 furono registrate elemosine, compresi gli oggetti preziosi, per 39.000 lire austriache, delle quali furono spese “tanto male e sì poco bene” 22.443.
Al momento di rendicontare le spese fatte “non si è potuto mai documentare l’erogazione: furono dette molte cose, fatta la sua parte di commenti, e molti sospetti si destarono di malversazione delle elemosine […] Il fatto sta, che tra il dire e il ridire, il famoso rendiconto passeggiò tutti gli uffici dal basso all’alto, e nel momento che scrivo (6 luglio 1855) non so dove sia stato messo a riposare. Ed è bene che il riposo gli duri: così chi ha avuto, ha avuto”.
Anche il parroco di Villachiara si dimostra alquanto amareggiato per l’uso improprio delle elemosine: “il soldo della devozione credesi impiegato prima ne’ propri particolari privati interessi in grande parte almeno che al pubblico vantaggio e ad onore della Sovrana liberatrice”.
Concludo ricordando ai lettori che la fontana, o piscina mistica, come venne definita ai tempi, fu intorno agli anni 50/60 (non ho avuto modo né tempo di controllare, mi affido a ricordi personali) del secolo scorso destinata a gabinetti pubblici. La scelta fu probabilmente dettata per venire incontro alle esigenze delle persone che ruotavano intorno alla fiera: operai che la allestivano, i numerosi standisti e la folla di visitatori. Dopo pochissimi anni furono eliminati i gabinetti; ora la fontana si fregia di un mosaico di Oscar di Prata.

Con questo articolo si conclude la rubrica di Luciano Amico. È stato un piacere e un onore averlo avuto come collaboratore.
La redazione