È stato battezzato “neoestetismo” e, già nelle prossime settimane, verrà presentato al grande pubblico: la nuova corrente letteraria, nata dall’estro poetico di Gianluca Ricca, ha finalmente un suo manifesto, un insieme di indicazioni programmatiche che permetteranno anche ad altri scrittori di avvicinarvisi. L’idea, come evidenziato da Ricca, è quella di «definire un nuovo senso del bello», secondo una tensione estetica ed estetizzante che, attraverso la poesia, si estende anche all’arte e alla musica. Insomma, una sorta di reprise della grande poesia di D’Annunzio e dei grandi nomi dell’estetismo novecentesco, pur con i dovuti distinguo, che mira a cogliere nella natura la “vera” bellezza, quella intima e intrinseca, tale da essere idealizzata e fruita in una dimensione accentuata, approfondita, esaltata. Fresco di diploma presso l’Istituto Cossali, dove ha frequentato il Liceo delle Scienze Umane, Ricca, oggi iscritto ai corsi del DAMS della Cattolica di Brescia, ha sintetizzato la propria esperienza poetica vissuta sino ad ora in un testo, capace di riassumere i cardini di un nuovo modo di intendere e sperimentare la fatigue della lirica. «Nel progressivo arricchirsi della mia produzione ho cercato sempre più di analizzare criticamente i miei stessi scritti – racconta l’autore – “Principium Vitae”, la mia prima opera, è maturata in qualcosa di più complesso e, dunque, meritorio di una particolare riflessione, la quale ha portato alla nascita di una riflessione su me stesso; l’idea di non appartenere ad alcuna corrente poetica già “codificata” mi faceva sentire privo d’identità e, dal momento che ancora non esisteva una realtà in cui riconoscersi, ne ho fondata una tutta mia». Si tratta, dunque, del frutto di una riflessione interiore, personale, tanto maturo quanto acerbo: così è la poesia, mai “qualificabile” in un canone di gerarchica valorizzazione che possa, quantomeno, ammantarsi di una sufficiente oggettività. «Il neoestetismo nasce dalla concezione di traslare, elevare ed idealizzare elementi di per sé già aulici, non per forza debbono essere opere d’arte, ma frutto di una base estetica raffinata – scrive Ricca nel documento – Protagonista del movimento è senza dubbio la poesia, come linguaggio primo per esprimere attraverso i versi valori estetici aulici; una poesia colta, elegante, ricca di termini e figure retoriche elevate, per dare adito ancor più all’equilibrio artistico». Non solo: il “precursore” delinea anche una precisa formazione alla quale i suoi vicini dovranno attenersi. «Lo studio dell’arte, della storia e della letteratura sono fondamentali per immedesimarsi nel clima culturale neoesteta, in quanto dal passato attinge in maniera incidente, l’obbiettivo è di dare un nuovo volto sotto un aspetto poetico a opere immortali a noi regalate dai grandi del passato, esaltare le loro gesta e le loro vite – continua – Ritengo tale movimento come prosieguo, innovazione e attuazione dell’eco d’annunziano nel tempo moderno».

Ai posteri l’ardua sentenza; ai contemporanei l’apprezzamento di un giovane capace di misurarsi, con zelo e arguzia, con la sua stessa personalità, compito che mai fu, specie di questi tempi, tanto gravoso.

Leonardo Binda