Lo scorso giovedì 13 aprile la Biblioteca d’Istituto ha organizzato per gli studenti delle classi quinte l’incontro con Adelmo Cervi, presentato dal ricercatore Andrea Andrico.

Adelmo è figlio di Aldo, il terzogenito dei sette fratelli Cervi. È autore del libro “I miei sette padri”, in cui racconta la loro fucilazione ad opera dei fascisti al Poligono di Tiro di Reggio Emilia, il 28 dicembre 1943.

L’inizio della vicenda risale al 25 novembre dello stesso anno, quando i Cervi vengono sorpresi nel loro podere dei Campi Rossi e arrestati, perché hanno preso le armi dopo l’8 settembre e hanno fatto della loro casa un ricovero per fuggiaschi e resistenti di ogni nazionalità. I fascisti e gli assediati si scambiano colpi di arma da fuoco, ma la reazione dalle finestre della casa è breve, perché in poco tempo stalla e fienile sono avvolti dalle fiamme. L’incendio è certamente appiccato dagli assalitori, i quali hanno sempre negato. Ci sono donne e bambini, la stalla è piena di mucche, la decennale fatica di papà Alcide e della famiglia è distrutta.

Da questo incontro, grazie alla crescita e maturità acquisita durante il percorso scolastico, abbiamo capito la notevole importanza dei testimoni che entrano nelle scuole con l’obiettivo di informare e ricordare eventi storici così importanti.

La tradizionale lezione di storia è fondamentale per conoscere, ma questi incontri stimolano l’attenzione e la curiosità di chi ascolta perché il narrato ha coinvolto il vissuto, come in questo caso. 

Adelmo aveva 4 mesi quando uccisero suo padre e i suoi zii. Un padre negato per tutta la vita. Un padre che lui però non vuole mitizzare, ma di cui vuole seguire il tracciato, quello della lotta continua contro le ingiustizie, i soprusi, la violenza, l’assenza delle libertà individuali.

Quindi, la testimonianza è una pratica didattica utile e necessaria per l’apprendimento e la consapevolezza del passato. Dalla testimonianza di Adelmo Cervi noi studenti abbiamo tentato di intuirne i sentimenti e i pensieri, facendoci coinvolgere nel discorso per capire al meglio gli orrori vissuti dai familiari, dalla madre Genoeffa a cui sono stati strappati via i suoi sette figli, dal padre Alcide, dalle quattro vedove e dai piccoli, tra cui Adelmo, ora ottantenne. Abbiamo raggiunto la piena coscienza di quanto sia importante un sistema basato su democrazia, libertà e uguaglianza, e di quanto sia grande l’odio che può provare un essere umano verso i suoi simili. 

Adelmo non ha parole di odio per nessuno. Adelmo diffonde l’idea della pace, del dialogo, della giustizia e della cultura come strumento di liberazione e di evoluzione, così come pensava suo padre Aldo: l’ignoranza è una condanna.

Inoltre, da questo incontro possiamo trarre un insegnamento utile per il presente e il futuro, comprendere il privilegio di vivere in uno Stato come il nostro che, come recita l’articolo 1 della nostra Costituzione: “E’ una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”

La testimonianza invita noi alunni a riflettere sugli errori del passato, al fine di non ripeterli nuovamente e di salvaguardare il futuro da ogni forma di ingiustizia.

Francesca  e Lucrezia  della classe 5° Liceo Scienze Umane