Ragazzi, dal 20 febbraio sto vivendo l’esperienza che più mi sta cambiando e mettendo alla prova: vivere per cinque mesi sola, in un paese lontano dalla mia famiglia e dai miei amici e senza conoscere quasi nulla di quello che avrei trovato. La città è Zonda, in provincia di San Juan, in Argentina. All’inizio la cosa che più mi preoccupava era il problema della lingua, visto che appena arrivata qui non sapevo praticamente nulla di spagnolo. L’apprendimento della lingua è in realtà una delle parti che meno costa a un “exchange student”, perché ascoltare le persone che la parlano e non potendo utilizzare altre forme di comunicazione è uno dei modi migliori per apprendere una nuova lingua e posso dire che, dopo soli due mesi, ho raggiunto un livello di spagnolo sufficientemente adeguato per poter reggere conversazioni con la gente del posto.  L’emozione che ho provato il giorno in cui sono arrivata al terminal degli autobus a San Juan, dopo un viaggio in aereo di quindici ore e uno in pullman di sedici, è difficile da descrivere: la mia famiglia ospitante mi stava aspettando pronta ad accogliermi come una nuova figlia ed io ero agitata ed emozionata allo stesso tempo all’idea di incontrarla. Ho sempre sognato di viaggiare molto, ma vivere in un altro paese per un periodo così prolungato mi sembrava una meta irraggiungibile, soprattutto considerate le diverse problematiche riscontrate a causa della pandemia, che non solo hanno rimandato la partenza prevista di molti mesi, ma hanno anche reso molto più difficile la procedura per ottenere il visto, già notoriamente abbastanza complicata. L’idea di fare questo tipo di esperienza me l’ha da sempre suggerita mio papà, grande appassionato di viaggi e promotore di uno stile di vita il più indipendente possibile fin da piccole. Io, condividendo la maggior parte delle sue idee, ho preso la palla al balzo quando Intercultura, una associazione di volontari che si occupa di realizzare questo tipo di esperienze da oltre 60 anni, ha aperto le iscrizioni per i programmi all’estero nell’ormai lontano 2020. Per quanto stia vivendo un’esperienza unica, chi pensa che sia tutto sempre facile e divertente si sbaglia di grosso. Non sono rari infatti i momenti di sconforto, malinconia o malumore, come è giusto che sia per una persona che decide di affrontare una scelta simile. Ad esempio, una delle cose che più mi ha messo alla prova è stato il primo giorno di scuola qui in Argentina. Mi ha accompagnato la mia mamma ospitante con mio fratello ed io ero l’unica ragazza in compagnia di parenti, visto che tutti gli altri giustamente non ne avevano bisogno. Io non volevo assolutamente entrare e presentarmi davanti a tutti perché mi sentivo a disagio. Al momento di salutare mia mamma, volevo sprofondare. Nessuno dei miei compagni sapeva del mio arrivo e i professori si sono accorti della presenza di un alunna straniera solo al momento dell’appello, quando hanno notato il mio cognome poco argentino. Nonostante sapessi già comunicare e capire la maggior parte dei discorsi in spagnolo, i primi giorni di scuola sono stati molto più complicati del previsto nel capire quello che i mie compagni cercavano di dirmi, perché, come in tutti i paesi, i giovani tra di loro comunicano con un linguaggio arricchito di termini e parole, spesso anche inventate, che non si utilizzano nella lingua parlata di tutti i giorni e ancora meno tra gli adulti. Per fortuna sono riuscita a fare amicizia abbastanza facilmente aiutata da una mia compagna molto socievole e accogliente, che piano piano mi ha fatto conoscere gli altri compagni riuscendo a creare un gruppetto di amici stabile con cui mi incontro nei pomeriggi. Quando la gente mi chiede perché ho deciso di fare questa esperienza, le risposte che mi vengono in mente sono molteplici, la risposta più scontata è quella di imparare una nuova lingua, ma la realtà è che l’acquisizione di una nuova lingua è la parte più facile e immediata, quello che davvero conta sono le relazioni che si riescono a stabilire sia con la famiglia ospitante che con gli amici partendo da sconosciuti. Per fare questa esperienza bisogna essere il più aperti possibili al cambiamento e soprattutto all’adattamento, perché – come ci ricordano sempre i volontari di questa associazione – siamo noi che dobbiamo adattarci al paese e non il paese che deve adattarsi a noi. Ecco perché è fortemente sconsigliato un comportamento fatto di pregiudizi e chiusure nei confronti di tutto ciò che potrebbe apparire strano e diverso da ciò a cui siamo abituati.  Un esempio eclatante, soprattutto per noi italiani, è quello del cibo. La cucina italiana non trova paragoni in nessun’altra parte del mondo, ma ciò non significa che non si possano trovare dei piatti che ti conquistino e che ti mancheranno una volta tornata nel tuo paese natale. 

Il consiglio che posso dare, a chi un giorno vorrà vivere una simile avventura, è quello di buttarsi senza freni in nuove esperienze , qualsiasi esse siano e con la massima apertura mentale. Se avrete in futuro la possibilità di venir catapultati in un mondo così straordinariamente diverso dal vostro, godetene ogni sfumatura, ogni contrasto e ogni colore. E fatelo senza esitazione, perché viaggiare in direzioni lontane, fuori dalla propria comfort zone, è una delle scelte migliori che si possano fare per conoscere veramente il mondo. Hasta pronto!Laura Settembre, 4 D LSP