Gianbattista “Doc” Botticini, stimato chirurgo, è consigliere del Rugby Rovato dal lontano 1976, presente sin dalla fondazione. Il 26 giugno 1976, in un’aula del liceo scientifico di Rovato, ebbe inizio la meravigliosa avventura ovale rovatese. Sei i pionieri: Elvio Simonato, Giancarlo Baroni, Pierluigi Donna, Fabio Marzetta e Diego Rivetti e appunto Gianbattista Botticini.

Due parole per presentarsi

Sono chirurgo, lavoro nella Chirurgia Toracica degli Spedali Civili di Brescia, sposato con Agostina, due figli ormai grandi, Edoardo e Carolina.

Cosa si ricorda di quel 26 giugno del 1976? 

Di allora, in un’aula del vecchio Liceo e oratorio, ricordo alcuni particolari. Altri memorie si mantengono attraverso alcuni documenti e filmati che testimoniano della storica Assemblea. Con quasi tutti c’è occasione per vederci ancora adesso.

La situazione oggi del Rugby locale? 

Dopo 42 anni credo che tutta la cittadinanza abbia sotto gli occhi il lavoro svolto per il rugby e la comunità. Abbiamo lavorato divertendoci ma la serietà e affidabilità del Rugby Rovato è la testimonianza solida che siamo presenti sul territorio e abbiamo ancora idee da portare avanti.

Qual’è stato o quali sono stati i giocatori che l’hanno colpita maggiormente, per tecnica e o forza di volontà oppure fair play dalla fondazione ad oggi? 

Davvero difficile citarli tutti ma è certo che chi è passato dal Rugby Rovato ha lasciato il segno. Domenica scorsa in occasione del derby vinto col Lumezzane abbiamo rivisto Rima Wakarua, grande piede e intelligenza, e ricordo con affetto il primo straniero Neil Penrose, che ha poi giocato in Currie Cup col Natal in Sudafrica e Apenisa “toots” Vodo, splendido interprete del gioco aperto. Come non potrei dimenticare Matt Vaea, uomo e allenatore tra i più seri e capaci.

Il rugby è uno stile di vita?

Certamente se non lo è quando si inizia, lo diventa una volta che si è compreso il senso dello stare insieme giocando a rugby. 

Ci si abitua alla sofferenza, alle regole, alla disponibilità verso il compagno e questo serve a diventare uomini e grandi. Ognuno ne ha tratto ciò che poteva o che voleva, ma è sicuro che il senso di appartenenza alla grande famiglia e il saper stare in società è il plusvalore che il rugby può 

dare.

Un consiglio per un giovane che vuole avvicinarsi allo sport del Rugby? 

Il solo consiglio è provare: ci si può appassionare solo quando si inizia l’esperienza sul campo e con i compagni. Il nostro vecchio e di tutti allenatore Elvio Simonato mi diceva che il rugby è come una febbre: non si riesce a toglierla facilmente e ti prende interamente come esperienza coinvolgente.Forza, venite gente, c’è sempre un posto per tutti al Rugby Rovato.

Mauro Ferrari