Soltanto gli Zoomers o i Millenials possono capire in cosa consista l’angoscioso rituale dell’ammonizione genitoriale sul diktat del divertimento perfetto: «ai miei tempi, sì che ci si divertiva davvero!» è il mantra a cui generazioni e generazioni di giovani, ormai, si sono abituati. Eppure, un po’ di verità deve pur esserci in un ricordo tanto indelebile di notti passate tra feste, locali, incontri, eventi e relazioni tanto profonde da lasciare cicatrici sempiterne nell’animo di schiere di mamme e papà che vedono i propri figli approcciarsi al mondo della nightlife con sguardo sempre più perplesso. Insomma, che si fosse timidi o veri e propri viveur, gli anni ’90 e 2000 hanno offerto esperienze nelle quali, oggi, forse difficilmente le leve della movida contemporanea possono cimentarsi.

Un mutamento antropologico? Una restrizione di libertà, forse eccessive? Oppure, semplicemente, un fisiologico evolversi di gusti, tendenze e paradigmi? Testimone eccellente e vero protagonista della vita notturna dell’apogeo della musica elettronica e della disco, orceano doc, è Giorgio Tedoldi, meglio conosciuto con il suo cognomen ex virtute di “Rapazucche”, PR di grande esperienza e guida per intere compagnie di giovani degli “anni d’oro”.

Giorgio, raccontaci qualcosa della tua esperienza tra bar, discoteche e locali…

Il mio ingresso in questo mondo è avvenuto inconsciamente, come le cose più belle della vita. Sono sempre stato un comunicatore: è qualcosa che ho nel sangue, e che mi ha sempre spinto a relazionarmi con il prossimo. Da ragazzo, agli albori degli anni ’90, quando, come tutti, si iniziava a girare in compagnia e a guardarsi in giro per cercare sempre nuovi stimoli, ho pensato che il mio ruolo non doveva essere solo quello di fruitore: volevo diventare un protagonista di questo straordinario mondo. Così, appunto, quasi per caso, mi trovo con alle spalle quasi trent’anni di esperienza nell’organizzazione di eventi, nel coinvolgere amici e non solo in tanti tipi di attività diverse: dai locali alla ristorazione, dalle discoteche a tutto ciò che è sinonimo di sano divertimento in compagnia.

Oggi, molto spesso si parla di una “crisi” del divertimento, dell’incapacità, in parte del mercato e in parte dei giovani stessi, di vivere appieno e con coscienza il proprio tempo libero. Qual è la tua opinione a riguardo?

Qui è bene porre subito un discrimine: da una parte sta quello che è l’offerta di divertimento e, dall’altra, il tipo di divertimento che oggi si va cercando. Andando con ordine, negli anni ’90, dopo le prime esperienze legate al mondo Afro e House, il mondo della musica e dei locali vede un’esplosione senza pari. Io, che sicuramente ero immerso molto profondamente nel settore, non avevo una serata libera, eccetto il venerdì: il lunedì si andava al Biblò, il martedì al Genux, il mercoledì al Capogiro, il giovedì al SecondaClasse, il sabato al Fura e la domenica era tappa fissa al Circus. Tutte realtà che, nel breve, hanno portato la movida notturna e non solo ad un altro livello, seguiti a ruota da locali più legati al nostro territorio. Orzinuovi era una delle capitali del divertimento giovanile: al Kalua arrivava gente da tutta la Lombardia, al Buddha si poteva ascoltare la migliore musica dal vivo, al Palladium e al PrimoPiano si raccoglievano centinaia di compagnie e il River costituiva una tappa fissa per moltissimi ragazzi e ragazze. Insomma, c’era sicuramente più vita, più voglia anche di investire in un settore che, nei decenni, si è fatto sempre più difficile. A mio avviso, le cause sono molte e andrebbero indagate ciascuna nel dettaglio: vuoi sicuramente la sempre maggiore burocrazia, un livello di sopportazione (specie da parte della popolazione più adulta) sempre più basso o, in generale, la mancanza di un vero elemento aggregatore che possa fare da propulsore.

Sotto il lato “sociologico”, cosa è successo ai giovani d’oggi?

Niente di particolare: sono solo figli del loro tempo. Negli anni ’90, e non lo dico per semplificare, l’unico modo per aprirsi al mondo era uscire di casa e andare in luoghi frequentati. Conquistare una ragazza era quasi una maratona, fare conoscenze non si limitava a qualche messaggio scambiato con svogliatezza: c’era un modo diverso di esprimere sé stessi. In questo i social, credo, abbiamo avuto il più grande ruolo, a voi giudicare se positivo o negativo. Certamente hanno “depotenziato” la figura del PR: è venuta a mancare quel contatto diretto, quel desiderio di coinvolgere in ragione d’un’esperienza vissuta, raccontata e, certo, promossa con metodi che oggi sembrano quasi fantascienza (bigliettini cartacei, chiamate sul telefono fisso o l’antico e mai superato “passa parola”). Ora i legami si sono fatti più labili e aleatori, mentre tante amicizie che ho stretto in quegli anni le coltivo ancora e mi permettono di rivivere le stesse emozioni di decenni fa.

È tutto un problema di qualità, dunque…

Sì e no; diciamo più di relazione, di voglia di diventare degli “ambasciatori” della vita notturna, di un modo di fare divertimento che, in realtà, era fare rete e significava coinvolgere tutta la comunità.

Cosa intendi?

All’epoca, grazie al grande richiamo che avevano i locali sul territorio, tutti ne giovavano: dai negozi d’abbigliamento ai parrucchieri, dalle pizzerie ai bar del “pre-serata”, passando per tutte le attività dell’indotto. Questo creava un circolo virtuoso da cui tutti giovavano e in cui tutti potevano trovare il loro spazio.

Anche la musica, del resto, è cambiata: un tempo erano i DJ a portare con sé schiere di fan e ammiratori, e questo era già un ottimo elemento di selezione, anche solo per quanto concerne il gusto di ciascuno. Oggi la situazione è un po’ diversa: ci sono, sì, personalità di richiamo, ma poche capaci di incidere pezzi che fanno la storia della musica. Facciamoci caso: quante canzoni degli anni ’80 e ’90 ancora si sentono in radio e vengono apprezzate anche dai più giovani, mentre ci siamo già dimenticati delle prime cinque nella classifica della scorsa estate?

Quali, dunque, i tuoi consigli per il futuro?

Sicuramente cercare di sfruttare le nuove tecnologie ma tornare, al contempo, a investire sui rapporti, su una promozione che vada ben al di là di qualche sponsorizzazione online, e, soprattutto, tornare a comunicare, a far capire che esiste un divertimento che non si concentra solo nelle serate del fine settimana ma anche in momenti diversi, come appunto la domenica pomeriggio, potendo tornare a far festa anche alla luce del sole per la gioia dei più giovani e, credo, anche dei meno giovani.

Leonardo Binda