Vi è mai capitato di esprimere giudizi negativi su qualcuno perché non lo trovavate simpatico o divertente? Quante volte magari vi siete trovati a fare discorsi intrisi di sentenze, attribuzioni negative, critiche su una tal persona, sottolineandone gli aspetti più mediocri, fastidiosi e pertanto insopportabili? E che dire poi delle volte che l’avete squalificata tacciandola come persona insensibile, incosciente (e chi più ne ha più ne metta), così da provare un misto di rabbia, fastidio, stizza, invidia? Questo fenomeno è noto nel mondo della psicologia come uno dei meccanismi di difesa che possediamo per tenerci lontani da ciò che ci spaventa, che non accettiamo perché considerato ostile, minaccioso per la nostra personalità,  per l’immagine che ci siamo costruiti di noi stessi. E’ il meccanismo della “proiezione”, cioè il fenomeno per cui attribuiamo all’altro, (non necessariamente persona, ma anche ambiente, gruppo, governo) il nostro pensiero. In altre parole ciò che non accettiamo di noi, tendiamo a proiettarlo sugli altri. La proiezione ha il vantaggio di scaricare sugli altri quegli impulsi considerati “negativi” e che, nello stesso tempo, sono stati negati. Facciamo un esempio: quando giudichiamo una persona perché troppo disordinata, maldestra etc… può essere che stiamo spostando su di lei degli aspetti di noi che non accettiamo: il disordine potrebbe essere nient’altro che l’espressione di una libertà e di una creatività che ci è sempre stata negata nella nostra famiglia di origine perché sinonimo di permissivismo, di imprecisione. L’ordine, la precisione nel fare le cose venivano prima di tutto; erano il codice comportamentale a cui bisognava obbedire e sottostare se si voleva essere “accettati” e ben voluti. Il disprezzo che proviamo oggi per la persona che manifesta quel tal modo di essere, quindi, può rivelare quegli aspetti di noi che abbiamo voluto mettere in ombra, perché ritenuti pericolosi e minacciosi per la nostra personalità e identità di persone precise e ordinate. Varrebbe quindi la pena soffermarsi proprio su questa parte messa in ombra, e tenuta ben nascosta, per scoprire, al contrario, che nella vita non c’è solo ordine e precisione, bensì ci si può concedere il piacere di lasciarsi andare anche a delle imperfezioni, che si può uscire dagli schemi rigidi dentro cui il nostro pensiero e agire si muovono; che se non vi è la libertà nel fare le cose non si può nemmeno manifestare e scoprire la propria creatività. In altri termini proiettiamo sugli altri ciò che abbiamo rinnegato perché troppo sconveniente e poco consono all’ambiente nel quale siamo cresciuti. Vale la pena, quindi, di recuperarlo perché ci appartiene con lo scopo di riappropriarci di aspetti importanti e arricchenti la nostra personalità. Provate allora a fare questo esercizio divertente: pensate alle persone meno “gradite”, non vergognatevi ad essere invidiosi o meschini. Fate l’elenco delle caratteristiche “negative” di queste persone e confrontatele con le caratteristiche che non vi piacciono di voi. Osservate se vi sono dei punti in comune. Una volta fatto questo, provate a trasformare gli aspetti dal negativo in positivo. Il “disordinato” del-l’esempio di prima può essere trasformato in creativo, libero; lo “sfrontato” e “arro-gante” può rivelarsi curioso e coraggioso; il “mene-freghista”, come colui che si concede spazio e tempo per sé; lo “zerbino” come disponibile e generoso. Spetta a voi continuare l’elenco ricordandovi che nel momento in cui esprimete queste caratteristiche state facendo emergere la parte di voi da integrare e non più da nascondere. Buon esercizio!    

Il Centro per la famiglia