Cascina o Fenile Lama o Lame (Pompiano, Urago, Gambara, Visano, Mairano, Barbariga, Orzinuovi, Acquafredda, Leno ecc.), Lamme, Lama lunga, Lama nuova, e poi Lametta, Lamone, Lamazzi. Un’infinità sono i nomi di campi e di prati, di cascine e di contrade, di strade campestri e vie di paese che nella media pianura bresciana prendono spunto dalla base latina ‘lama’: termine con cui si indicavano terreni costantemente intrisi d’acqua e destinati obbligatoriamente al pascolo o alla praticoltura. Ormai quasi completamente bonificati, questi territori acquitrinosi ‒ noti come “le Lame bresciane”, appunto ‒, ricchissimi anche di una flora del tutto speciale ma ormai praticamente estinta, avevano origine dalle risorgenze spontanee che, al passaggio tra alta e bassa pianura, emergono dando origine agli innumerevoli fontanili che solcano questa porzione di pianura. Da qui gli altrettanto numerosi toponimi e idronimi discesi dalle basi ‘fontana’ e ‘fontanile’ rintracciabili nella medesima fascia territoriale, con i relativi alterati, quali: Fontanella/e, Fontanina/o, Fontanotto,  Fontanone e così via.

Ancora in epoca medievale, quando gran parte della pianura era costellata di dossi e avvallamenti prodotti dal naturale deflusso delle acque, i ristagni d’acqua rimanevano frequentissimi: acquitrini, pantani, stagni, paludi, acque morte dettero spesso origine ad altrettanti nomi di luogo. Tra i diversi meritano di essere ricordati i toponimi scaturiti dalla base ‘moso/mosa’, indicativi di zone costantemente invase dall’acqua a formare bacini acquitrinosi o palustri, come dicono i nomi di luogo o di singoli appezzamenti agricoli a nome Moso, Mozio, Mosina, Mosetta, forse anche Musia e certamente Mosio di Acquanegra sul Chiese, ora in provincia di Mantova, ma in passato terra bresciana. Dalla documentazione medievale emergono diversi richiami a queste pertinenze bresciane, tra cui si nominano, nel 1220, terre giacenti ‘in regona mosi que est ultra oleum’, ossia terre poste in Mosio, ma al di là del fiume Oglio, in sponda destra, in quelle aree adiacenti al fiume e soggette a periodiche sommersioni, definite “régone”.

Di queste régone se ne trovano diverse, negli stessi anni, lungo il fiume Chiese ad Asola, a Mariana, a Casalmoro, tutti abitati un tempo bresciani, oltre che ad Acquafredda.

Regone lungo l’Oglio sono ricordate ancora a Rudiano, a Monasterolo e ancora oggi il toponimo Regona si ritrova presso Seniga, nell’ampia zona golenale che vede il fiume Mella mettere capo nell’Oglio, nei pressi dell’antica pieve di Comella (*caput Mellae).

Ma tra questi elementi che descrivono di riflesso gli effetti della dinamica fluviale vale la pena di ricordare una contrada ‘ad Butrium’, esistente nei pressi di Pontevico e nominata intorno alla metà del XIII secolo. Ancora oggi i rari “bodri” esistenti lungo il basso corso dell’Oglio e soprattutto lungo il Po, si presentano come dei piccoli “laghi di rotta fluviale”, di forma subcircolare, che si producono talvolta quando la corrente fluviale, in occasione di qualche piena straordinaria, rompe l’argine, e scava questi profondi e particolarissimi stagni. Il che ci dice che in passato questo singolare fenomeno si produceva, in modo forse inaspettato, anche lungo il medio corso dell’Oglio.

                                                                                                                                       Valerio Ferrari

La Fondazione Civiltà Bresciana onlus, con il sostegno di Regione Lombardia, cura la realizzazione dell’Atlante toponomastico bresciano i cui risultati vengono progressivamente resi pubblici e sono consultabili all’indirizzo web  http://www.toponomasticabresciana.it/