Egregio Direttore,

veniamo da anni in cui Manerbio era indebitata fino al collo e quindi tanti servizi, come quelli a favore degli anziani, disabili e famiglie in difficoltà non potevano essere erogati. Con la pandemia è cambiata un’epoca ed ora, quando sarà finito tutto ed avremo una nuova ripartenza abbiamo bisogno di rinascere. Quale miglior occasione sarebbe di pensare ad una Unione tra comuni limitrofi come Verolanuova, Verolavecchia, Bassano Bresciano e naturalmente Manerbio? Il Comune di Manerbio sarebbe il capofila di un progetto non portato avanti a caso ma preceduto da uno studio di fattibilità, la cui spesa di qualche decina di migliaia di euro verrebbe suddivisa tra i Comuni, ma in larga parte rimborsata dalla Regione Lombardia. Le regioni infatti incoraggiano le Unioni di Comuni perché è difficile trattare con tantissime realtà piccole: molto meglio avere interlocutori rappresentativi che, pur mantenendo le identità dei loro singoli territori, eroghino qualità per i cittadini a costi sempre più bassi: i manerbiesi, i verolesi e i bassanesi se lo meriterebbero. Il passaggio successivo sarebbe popolare, con un referendum nei quattro centri interessati, dove si stenderebbero i primi piani delle modalità di attuazione. Puntualizziamo subito che stiamo parlando di unione, non di fusione di Comuni, per cui il concetto che sta alla base di questa scelta aggregativa è che vogliamo solo avere servizi migliori. Non riusciamo a farlo se non mettendo assieme la polizia urbana, il sociale, la protezione civile, i centri per gli anziani, ma anche la riscossione dei tributi, e tanti altri servizi che man mano si identificheranno. In questo ultimo decennio la crisi ha imposto ai comuni limiti e restrizioni, gravando spesso sulle tasche dei cittadini, e allora la soluzione è quella di unirci. Ne potrebbe nascere una realtà di più di 25 mila persone residenti che avrebbe servizi efficienti ed efficaci, all’altezza degli standard dovuti e necessari per un territorio avanzato come il nostro. Oltre al resto, unirsi darebbe la possibilità di realizzare gare d’appalto uniche tra i Comuni coinvolti, in maniera da migliorare la qualità dei lavori eseguiti e dei beni acquisiti, spendendo molto meno di ora. La progettazione del piano potrebbe prendere il via dalle caratteristiche demografiche di ogni centro comunale, con analisi delle attività produttive, dei servizi scolastici, socio sanitari e assistenziali, dei servizi culturali, ricreativi, della viabilità e delle reti di trasporto e di comunicazione tra i Comuni, della sicurezza stradale intercomunale e urbana, armonizzandoli con le realtà economiche e l’erogazione dei servizi già esistenti nelle singole amministrazioni. Molti diranno: “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, ma in realtà dobbiamo solo scegliere il “fare”. Allora facciamolo o comunque proviamoci… che almeno non si dica: “Nessuno l’ha mai proposto”. È arrivato il momento di superare campanilismi, pregiudizi, dubbi per il nostro bene comune. Deviare dalla tradizione non è accolto bene da tutti, ma è solo una questione di mentalità da adeguare ai tempi che cambiano. A sollecitare il mutamento saremo noi cittadini, costituendo un Comitato per far sentire le nostre ragioni, per coinvolgere la popolazione, le associazioni di volontariato, le forze politiche di qualsiasi colore, tutti i Consiglieri dei nostri Comuni per renderli portavoce di questa nuova “ondata” nei Consigli Comunali, ma si tratta anche di coinvolgere le scuole e la nostra gente di cultura. Partiamo da paesi a pezzi, ma noi siamo quelli del “puzzle”.

Luigi Andoni ed altri pensionati