Egregio Direttore,

basta guardarci intorno per constatare che tutti noi stiamo invecchiando in diversi modi e in tempi diversi. Ci alziamo la mattina già più vecchi e ci accorgiamo quanto sia difficile invecchiare, soprattutto se in noi vi è la paura della vecchiaia. Tutto questo è aggravato dai pregiudizi nei confronti delle persone su con gli anni, soprattutto quando troviamo diffuse discriminazioni. Succede quando si è trattati con sufficienza perfino dai propri familiari, o addirittura umiliati in pubblico per non aver subito la risposta pronta, per non essere per niente reattivi, oppure per essere come alieni, non al passo con le attuali tecnologie. Per non parlare di casi estremi di trattamenti clinici negati solo per l’età avanzata o quanto meno quando vengono sottovalutati alcuni disturbi legati agli anni. Alcuni preconcetti sulle persone anziane, difficili da sfatare anche perché non siamo tutti uguali, si riferiscono alle nostre presunte menomate capacità fisiche e, più frequentemente, a quelle mentali, e, di conseguenza, nell’essere considerati incompetenti e in particolar modo “fragili”.

Possiamo poi allargare il discorso al modo generalizzato di vedere l’anziano, etichettato come “malato”, oltre a considerarlo portatore di un declino delle abilità mentali solo a causa della scarsa capacità ad imparare. In realtà le più grandi difficoltà in queste attività sono causate dalla mancanza di esercizio o di motivazione personale e non all’età, ma questo la gente non lo capisce. La Politica – quella con la “P” maiuscola – ha sempre ignorato gli anziani, anche se la Carta dei Diritti fondamentali dell’UE, all’articolo 25, sostiene come “l’Unione riconosce e rispetta il diritto degli anziani di condurre una vita dignitosa e indipendente e di partecipare alla vita sociale e culturale”. Ciò non toglie, però, che anche il diffuso fenomeno della discriminazione nei confronti degli anziani non venga punito dalla legge, a differenza di razzismo e sessismo. Gli atteggiamenti negativi verso i vecchi portano al loro isolamento, poiché l’anziano, di fronte ad essi, si ritira, non si mette più in gioco, non esercita la memoria e, inesorabilmente, la perde. In passato gli anziani erano gli esperti, coloro che avevano esperienza e sapienza. Adesso tutti si affidano a internet e così i saggi hanno perso la loro figura di fonte di conoscenza all’interno della famiglia e della comunità. Le persone anziane, però, hanno anche il diritto di essere accompagnate nel disagio della loro vita quotidiana. Una rete a sostegno degli anziani in difficoltà, delle persone non autosufficienti e degli anziani soli, per esempio, a Manerbio manca del tutto. Dove sono i volontari impegnati a chiamare al telefono del proprio domicilio chi è solo, oltre a garantire il segretariato sociale, la consegna di spesa e farmaci? Infatti non esiste nulla di questa rete solidale, mentre c’era in passato, quando il G.I.P., fondato dal grande e sensibile Franco Galli, era formato da volontari entusiasti, per trasporti, recapiti e controllo capillare degli anziani in difficoltà. Era una forma di aiuto e presenza non burocratica ma confidenziale, a livello quasi familiare…e ci manca molto. Vecchi sì, ma non solo!

Luigi Andoni e altri anziani di Manerbio