Negli ultimi mesi anche nella Bassa Bresciana e a Manerbio, come nel resto d’Italia, si è assistito ad un fenomeno in aumento, ovvero la violenza tra bande di ragazzine. Si tratta di alcuni gruppi al femminile che non esitano a creare scontri nelle piazze di provincia, sempre per futili motivi. Protagoniste di questi litigi violenti sono ragazzine di 13 o 14 anni che si azzuffano per uno sguardo in più, si prendono per capelli e si strattonano. In alcuni casi è necessario anche l’intervento delle forze dell’ordine e dell’ambulanza. Fatti simili sono avvenuti anche recentemente nelle nostre zone e destano particolare attenzione e preoccupazione da parte delle famiglie, educatori, psicologi e pedagogisti. A Manerbio l’Amministrazione Comunale ha avviato da tempo un progetto di educativa di strada che, in particolare nel fine settimana, ha monitorato la movida cittadina cercando di fare una mappatura dei gruppi di giovani a cui porre particolare attenzione. Nelle scorse settimane, l’Assessorato alle Politiche Giovanili ha presentato le iniziative per il progetto “Giovani Smart” con cui il Comune ha intercettato i fondi regionali per proporre attività sportive, culturali e ricreative under 25. “Il progetto relativo alle politiche giovanili si è ulteriormente sviluppato includendo anche iniziative rivolte alle famiglie” ha dichiarato l’assessore alle politiche giovanili del Comune di Manerbio Fabrizio Bosio “abbiamo inoltre previsto l’attivazione, graduale, di un punto giovani per adolescenti che frequentano le scuole secondarie di secondo grado e un informagiovani per i più grandi, anche con servizi di supporto e orientamento lavorativo. Nel frattempo il progetto di educativa di strada è stato rinnovato ed è stato ripristinato il servizio di CAG e doposcuola che ha visto un numero sempre crescente di iscritti”. I progetti rivolti ai giovani adolescenti rappresentano un valido aiuto in un momento di difficoltà. Tuttavia le problematiche adolescenziali e giovanili sembrano aver subito una recrudescenza durante gli ultimi anni e sono facilmente osservabili in comportamenti anomali come le risse tra femmine. Secondo il famoso pedagogista Daniele Novara – da noi raggiunto telefonicamente per un’intervista, ndr –  le risse non sono aumentate con la pandemia ma sono solamente più visibili. Le modalità sono sempre le stesse. Ci si dà appuntamento sui social per un conto da regolare, poi ci si incontra ed inizia il diverbio verbale. Dalla parola di troppo allo spintone e schiaffo il passo è breve, sia per i maschi che per le femmine. “La rissa in genere avviene tra persone già grandi, non bambini” precisa Novara “si usa tutta la forza a disposizione per cercare di far male e quando si cerca il danno in quanto tale, si parla di violenza. Quindi le risse sono episodi gravi che non vanno confusi con i nostri normali conflitti e i litigi infantili”. Gli adolescenti vanno aiutati, spiega Novara, ma vanno anche capiti nel loro difficile percorso di crescita. Il loro comportamento ha fondamenti puramente fisiologici. La corteccia prefrontale incomincia a formarsi come organo di regia – quindi di controllo delle aree cerebrali specie della zona limbica dove c’è la formazione delle emozioni – a partire dagli 11, 12 anni. Ma è un processo molto lungo e tortuoso che dura almeno 10 anni. In questo arco di tempo, precisa Novara “il cervello è sotto pressione, continua a sussultare, è come sulle montagne russe. Le neuroscienze ci ricordano che i comportamenti adolescenziali non sono del tutto volontari. Ma questo stato di passaggio ha anche un importante vantaggio determinato dal fatto che questa leggerezza cerebrale consente agli adolescenti di avere delle finestre cognitive che nel resto della vita non ci sono più. L’adolescente non ha il totale controllo delle emozioni.  Questo è un dato scientifico inequivocabile”. La società educante svolge un ruolo molto importante in questo periodo della vita degli adolescenti perché deve insegnare loro a prendere la distanza dalla violenza. Non solo. Novara sottolinea la valenza dell’educazione civica a scuola. “Si tratta di una materia che ha a che fare con la nostra Costituzione e con la necessità di imparare a vivere insieme” spiega il pedagogista “ma non è stata inserita la gestione dei conflitti che è alla base della democrazia. I ragazzi vanno aiutati a gestire la loro contrarietà, imparando le tecniche di negoziazione e di ascolto reciproco”. 

Barbara Appiani