Quanti dei nostri lettori, per congiunture d’età o di passione, hanno un ricordo vivido della Prima
Repubblica? Un periodo storico, un fenomeno storico, capace di incuriosire e di interessare anche dopo più di un quarto di secolo dalla sua tradizionale fine. Un patrimonio di memorie, di lotte intestine e di grandi ideali che hanno connotato anche la vita pubblica della nostra città. Ebbene nostro tentativo sarà quello di conoscere alcuni dei protagonisti di quegli anni, tanti venuti a mancare ma alcuni ancora presenti. Per ragioni di contingenze storiche e di cronaca il periodo che prenderemo in considerazione sarà quello più tumultuoso, ossia dall’inizio delle imponenti contestazioni del Sessantotto fino al 1994, anno della tornata elettorale che tradizionalmente segna il solco con l’avvento della successiva “Seconda Repubblica”.

Oggi protagonista della nostra intervista è Franco Maffeis. Classe 1947, Maffeis è il discendente di una famiglia di lunga fama in città, affermato architetto, perfetto interprete del desiderio di cambiamento politico e culturale dei Movimento del Sessantotto, Consigliere Comunale dal 1970 al 1980.
Come nasce la sua passione politica? Come è entrato in contatto con quelle idee “rivoluzionarie”?

La mia storia è la storia della mia generazione. A vent’anni ero studente della Facoltà di Architettura a Milano, città in cui sono nato e dove ho passato la mia prima giovinezza. Un ambiente vivace, che anelava al cambiamento sotto molti aspetti, specialmente inerenti alla disciplina che stavo studiando e che sarebbe poi divenuta la mia vera essenza professionale. In quegli anni si parlava molto di un nuovo concetto di architettura e di urbanistica capace di accogliere le esigenze dei meno abbienti, la cosiddetta “edilizia popolare”, sulla quale ho peraltro anche elaborato la mia tesi di laurea. Da una parte questo innovativo bagaglio di conoscenze e passioni e dall’altra il desiderio di dare forma alle mie idee e progetti mi ha riportato ad Orzinuovi, dove mi sono lanciato in politica.

Come ricorda la sua prima elezione e quali erano appunto questi progetti che l’hanno spinta ad entrare nell’agone politico di quegli anni?

Per entrambe le volte che mi presentai alle urne lo feci da indipendente. Una scelta davvero dirompente per quegli anni, in aperta critica, seppur non esplicita, ai partiti tradizionali che dominavano la scena politica di quel periodo storico. Ho sempre preferito guardare alla competenza più che all’appartenenza. Mio padre era stato, nel primo dopoguerra, Vicesindaco di Orzinuovi e mi sarebbe piaciuto seguire le sue orme. La mia esperienza in Consiglio Comunale è stata fondamentale. Grazie a questi dieci anni di attività politica, incentrata soprattutto sui temi dell’urbanistica cittadina e della pianificazione, ho avuto modo di dare forma alla mia passione. Ricordo con grande piacere l’allora Segretario Comunale, il dottor Gardoni, con il quale mi intrattenevo ore ed ore prima dei Consigli per discutere dei temi all’ordine del giorno. All’epoca l’Assemblea cittadina era un vero e proprio terreno di scontro: le sedute erano molto dibattute, terminavano spesso ad orari prolungati e lì si prendevano buona parte delle scelte più importanti per la vita della città.

Passione politica ed impegno professionale. Come queste due forme di interesse si sono potute conciliare e come il suo lavoro ha saputo cambiare la nostra città?

Tutto ebbe inizio quando fondai la Cooperativa Speranza, una realtà veramente innovativa che permetteva di poter mettere sul mercato abitazioni a prezzi davvero appetibili. Una soluzione, quella appunto dell’edilizia convenzionata, che superava di gran lunga quella più risalente dell’edilizia indivisa, rispettando maggiormente la proprietà privata del singolo e la sue specifiche prerogative. Motivo, questo, che spesso da liberale quale sono sempre stato mi metteva in contrasto con i comunisti dell’epoca. E come dimenticare poi, insieme al Sindaco Battaglia, il progetto di recupero del centro storico, i cui effetti sono ancor’oggi visibili, il restauro della nostra Rocca San Giorgio e, da ultimo in termini temporali, la progettazione del nuovo Stadio del Centenario, ora sede dell’Orceana Calcio. Tutti interventi per i quali, ancora oggi, vado profondamente fiero e che sono solo alcune delle tante opere che mi hanno visto in prima linea.

Poi, all’improvviso, dopo dieci anni la fine del proprio percorso. Come mai questa scelta?

Non esiste una risposta univoca. I tempi stavano cambiando e il clima che si respirava non riusciva più a suscitare in me quell’entusiasmo che aveva caratterizzato il mio impegno nel recente passato. Decisi dunque di concentrarmi su nuove sfide, tornando a Milano dove ebbi la grande possibilità di condurre un grande studio di architetti, di proseguire con la mia carriera e passione anche in qualità di consigliere anziano dell’Ordine degli Architetti di Brescia, senza mai dimenticare Orzinuovi, alla quale ancora ora sono profondamente legato. Ad oggi mi sto impegnando nel restauro di un antico monastero sull’isola di Capraia, nell’Arcipelago Toscano. La mia scelta di impegno civile, nel senso letterale del termine, è stata quella di mettere a disposizione le mie conoscenze con generosità e serietà per il bene del luogo che ora mi sento di poter chiamare, senza dubbio, casa.

Leonardo Binda