Nell’ambito delle numerose attività svolte dal Rotary Club Cortefranca di Rovato, rientrano anche incontri e confronti con altri club del territorio nazionale; è in quest’ottica che si è svolto il 29 marzo scorso l’interclub dal titolo “Etica e Legalità” in collaborazione con il Rotary Club Brescia Moretto ed il Rotary club Morimondo Abbazia (Mi).
Sono intervenuti l’avv. Patrizia Ghizzoni Curti del Rotary Club Cortefranca, l’avv. Francesca Bertelli e l’arch. Claudia Resnati vincitrici del premio “Rotary Concorso Distrettuale sul tema dell’Etica”; moderatore della serata il dott. Angelo Cisotto del Rotary Club Brescia Moretto.
Dopo il saluto alle bandiere e l’inno nazionale, l’avv. Ghizzoni ha introdotto il tema della serata sottolineando come, in questi tempi, l’etica e la legalità siano elementi essenziali da riscoprire e tra i valori cardine delle attività e dello spirito rotariano oltreché di molte professioni come quella dell’avvocato.
Nel corso degli ultimi dieci anni, il Rotary ha sempre promosso a livello nazionale dei concorsi culturali rivolti ai giovani su tematiche sociali, politiche, culturali, di rilievo. In questo periodo di tempo hanno partecipato alle diverse iniziative 800 club rotariani, 1500 studenti tra istituti scolastici ed università.
Si è ritenuto utile invitare due delle vincitrici del concorso sul tema “Etica e Legalità” come testimoni dirette dei lavori svolti ma, soprattutto, per capire come questi valori siano entrati a far parte della loro vita civile e professionale.
L’arch. Claudia Resnati, partecipando al concorso quasi per gioco, ne è stata letteralmente travolta poiché, attraverso il lavoro svolto, ha avuto l’occasione di riflettere su problemi e disagi sociali di una grande città come Roma e delle sue periferie.
Nello specifico ha presentato un lavoro di riqualificazione relativo al complesso residenziale di Corviale, situato nella periferia sud-ovest di Roma. Per le sue grandi dimensioni (l’edificio principale è lungo quasi un chilometro) e per le difficili condizioni di vita dei suoi abitanti, è diventato nell’immaginario collettivo il quartiere-simbolo del degrado delle periferie della capitale.
Costruito negli anni ’70 del secolo scorso, aveva l’obiet-tivo di dare casa a molte famiglie ma, tra mancanza di fondi, lungaggini burocratiche, ecc. quella bella idea è diventata un qualcosa di scomodo da gestire, un peso da abbandonare che pertanto nel tempo è divenuto luogo di emarginazione e disagio sociale.
In occasione del concorso Claudia decide di presentare un progetto relativo alla riqualificazione di questo quartiere, vedendolo anche come occasione di riflessione sociale.
L’analisi tecnica ed architettonica non è stata un problema particolare, tutt’altro lavoro era capire ciò che c’era dietro, ossia il perché una bella idea iniziale era diventata un mostro sociale.
Questo tema la tocca profondamente e la porta ad una riflessione personale su cosa fosse etico e cosa no e sul mondo della corruzione, che non è solo pagare per ottenere qualcosa al di fuori delle regole, ma si può manifestare anche come una volontà di non fare.
Un grande lavoro di approfondimento di quali dovessero essere i valori etici per un architetto nella sua professione anche in funzione del futuro della propria attività. Come progettare in modo etico? Come pensare a progetti utili al contesto sociale? Un processo quindi di grande maturazione e crescita interiore personale e professionale.
L’avv. Francesca Bertelli ha sottolineato come il tema del concorso abbia influito molto sul suo percorso di studi e sulla sua professione, in particolar modo nell’ambito educativo.
Avendo scelto professionalmente di non esercitare come avvocato ma di rimanere nell’ambito della ricerca universitaria, ha pensato a come poter fare qualcosa di utile e di concreto in riferimento alla tematica del bullismo e del cyberbullismo.
Ha pertanto avviato delle attività, condotte all’interno delle scuole con altri ricercatori, in modo da poter avere un rapporto interattivo e preventivo con classi di scuole medie e superiori. Bullismo e giustizia i due temi affrontati principalmente con gli studenti.
Attualmente si sta occupando anche di giustizia riparativa e sviluppo sostenibile.
Fare giustizia riparativa significa andare al di là del concetto punitivo sancito dalla giustizia processuale. È un concetto molto più ampio che non si basa sulla punizione fine a se stessa.
Con la giustizia riparativa si arriva all’incontro con l’autore del crimine: ad es. del bullo con la vittima, in un terreno comune basato sul rispetto dove arrivano a riconoscersi nel rispetto delle proprie identità, fragilità e nei torti che sono stati fatti dall’uno sull’altro. L’obiettivo è la ricerca della verità e della riconciliazione, che non prescinde da una assunzione di responsabilità ne dall’idea di non dover scontare la pena per quanto commesso.
Tutto ciò ha anche una forza rigenerativa che permette di riconciliarsi e ripartire in una dimensione costruttiva della relazione.
L’obiettivo, nell’attività preventiva con le scuole, è di arrivare a sradicare tutti quei pregiudizi che molto spesso fondano le discriminazioni, dalle quali partono gli episodi di bullismo come razzismo, omofobia, diversità di orientamento religioso, ecc.
Giocando sul terreno comune della dignità della persona si allontanano tutti i pregiudizi che spesso sono un riflesso di quello che i ragazzi vivono nelle relazioni sociali.
La riparazione di una ingiustizaia, anche solo con una testimonianza, consente ai ragazzi di poter avere una trasformazione di carattere culturale.
L’obiettivo è quindi quello di conciliare queste attività di prevenzione con quelle educative più generali in modo da andare a prevenire futuri atti di violenza o bullismo.
Nella formazione dei giovani, l’etica e la cultura dell’etica diventano quindi percorsi nevralgici per far crescere dei nuovi cittadini che capiscano quali debbano essere i valori su cui fondare una nuova società, con la speranza di avere adulti migliori che possano a loro volta formare giovani migliori.
Lo sviluppo sostenibile, nel concetto di educazione e della cultura, è da intendersi come cura della persona e suo sviluppo integrale.
Un concetto che, tradotto nel quotidiano per genitori ed educatori, significa avere cura dei nostri figli e dei nostri ragazzi perché diventino adulti responsabili.
Sviluppo sostenibile significa sì conciliare l’obiettivo economico e quello della sostenibilità ambientale, ma ciò non può prescindere dal tenere in considerazione anche l’obiettivo sociale di cui oggi spesso non si parla.
Due testimonianze giovani e forti che dimostrano come sia possibile affrontare i problemi sociali in modo diverso puntando su valori forti che consentono di poter credere nella costruzione un futuro e di una società migliori.
Emanuele Lopez