Mercoledì 9 aprile, presso il teatro Zenucchini, ha avuto luogo la presentazione del libro: Pensieri e capelli al vento, scritto da Mariolina Cadeddu, con Tino Bino, giornalista editorialista della Casa editrice La Quadra ed Ivano Bianchini. Due persone significative che hanno saputo indagare in questa sua fatica e ne hanno colto un suo significato. Alcune canzoni interpretate da Alberto Zambelli e Sergio Lorandi hanno accompagnato la lettura di alcuni brani.

Questo libro racconta un periodo della nostra storia locale, partendo dal 1993.

Ascoltare le spinte che ci animano richiede tempo e fatica dove a volte ci si interroga, lungo un percorso che ci vede all’opera. Quasi mai mentre si va di porto in porto riusciamo a capire cosa ci spinge. Occorre fermarsi, ammainare le vele in una rada e ricordare perché si è partiti, da quale luogo e dove si vuole giungere.

Le rade sono quei luoghi necessari, per riprendere le forze, fare scorta di acqua, cibo, e scrivere. Quello di fermarsi come quella di scrivere è un bisogno.

Rispondere a domande antiche che i filosofi ci hanno posto significa fare emergere un disegno di cui quasi mai siamo consapevoli.

Il significato dell’esperienza di una vita è ciò che mi ha spinto a prendere in mano alcune pagine che ho cominciato a scrivere trent’anni fa e che mi hanno guidata per tutti questi anni lungo un viaggio iniziato quando ero ancora una bambina.

All’interno di un percorso di scrittura di sé emergono ricordi, emozioni, visi, situazioni e di tutte queste cose se ne potrebbe fare un bel falò, oppure tenerlo dentro un cassetto. Io l’ho pubblicato.

Da una madre che era contadina ho imparato che ogni seme assolve il suo compito quando, messo a dimora, esce alla luce ed è allora che da quel filo nasce una nuova e più potente vita, ricca di altri semi.

Un seme che muore non dà frutti. Un albero selvatico non serve a nessuno. Un libro messo in un cassetto non produce nulla. Non genera altri pensieri.

Di sicuro Borges aspettava questo mio libro perché l’ho sognato in vari momenti della mia vita.

Lo cercavo in stanze deserte e poi eccolo: cieco, con un sorriso radioso e la mano tesa.

– Ti aspettavo..-

– Di cosa volevi che parlassi che altri non hanno detto? – Gli ho chiesto. Ha semplicemente fatto un gesto con la mano e mi ha indicato un buco dove infilare il mio piccolo libro di sabbia.

Così ho fatto.

Non l’ho scritto per voi. L’ho fatto perché quando ero una bambina sola, mio padre partito in cerca di lavoro e mia madre nell’orto a cogliere carciofi con le spine, facevo fatica a leggere, ma ero già stata toccata dalla magia dei libri.

Coglievo le emozioni di chi mi stava intorno e non capivo le lacrime di mia madre che piangeva. Davo la colpa ai carciofi. Mio padre lontano e lei, madre di cinque, ne aspettava un altro che non voleva.

Quel bambino lo vidi dentro una scatola di cartone. Aveva tanti capelli e la manina vicino alla bocca.

Gli interrogativi che ciascuno di noi si pone mentre vive sono davvero tanti. Non possono restare compressi dentro quel contenitore che chiamiamo testa; fornita di una bocca, di due occhi, di un naso e due orecchie. Ma soprattutto fornito di quella materia che assomiglia ad un gheriglio di noce dove affondano tutte le nostre pulsioni più antiche. E i ricordi.

Interrogarsi e rispondere ha generato questo nostro essere inquieti, fragili, desiderosi di dare un significato al nostro essere al mondo. Di sicuro la nostra grande creatività ha generato culture che ci hanno arricchito. In questo libro io parto da Socrate che poneva due domande che sono davvero potenti: Chi sei? e poi l’altra: Perché lo fai?

In questo mio libro ho cercato di conoscermi, narrando perché, partendo con la mia valigia di cartone, senza giocatoli e con pochi vestiti, avessi messo, dentro una tovaglia, un volume dell’Enciclopedia del Ragazzo Italiano dove, a pagina 151, c’era la storia di Don Chisciotte.

Cervantes l’aveva scritto mentre era in prigione.

E’ una storia potente di un uomo ammalato di libri che desidera dedicare la sua vita a compiere grandi imprese. E il suo viaggio finisce con un principio di follia e con il ritorno a casa.

Tornare sconfitti ma essere accuditi dagli amici non è una brutta fine.

Anch’io, ancora bambina, cercavo la mia impresa da compiere e se ci sono riuscita ancora non lo so. Mi sono caricata di un compito che tanti sciocchi amano fare: cambiare il mondo.

Se tornerò sconfitta spero. almeno, di avere qualche amico intorno.

Capisco che stare in quel giardino a falciare il prato avrebbe privato voi delle mie avventure. esattamente come Don Chisciotte, se se ne fosse rimasto nel suo sgangherato castello.

Nel mio viaggio ho incontrato tante persone. Alcune sono state significative. Altre, ancora adesso, non hanno capito cosa mi spingeva ad occuparmi del mio paese

Se anche voi non l’avete capito lo scoprirete soltanto leggendo, non il mio libro, ma tutti quelli che Borges, nei suoi labirinti e negli innumerevoli specchi della biblioteca di Babele, attende dalle vostre mani. Scrivete. Solo così si potrà afferrare un senso ed un significato che non appena ce l’avrete tra le mani saranno nuvole e vento.

Dice Duccio Demetrio che c’è un tempo nella nostra vita dove diventa necessario tornare sui propri passi. A lui e alla Biblioteca di Anghiari ho affidato Pensieri e capelli al vento.

Mariolina Cadeddu