Dal Tibet al Nepal, dal Perù alla Siberia, ogni cima del globo teme il nome di Simone Moro. Sin dagli albori della vita umana, i nostri antenati hanno provato l’ebrezza dell’ignoto, riconoscendo proprio sui nevosi picchi dei monti più elevati e inaccessibili la dimora eletta di dei ed eroi, spesso dimenticando anche il solo pensiero di potersi misurare con le pareti di quegli insormontabili mostri di roccia.
Se per gli appassionati di alpinismo e sport estremi Simone Moro è una celebrità, per i neofiti della disciplina bastino pochi dati sulla sua carriera: con all’attivo il record imbattuto di ascensioni in clima invernale sulle più alte cime del mondo – tutte sopra gli 8mila metri – Moro ha toccato per ben quattro volte il punto più alto dell’Everest (in inverno!) ed è stato attivo, durante la sua lunga carriera, in quai tutti i “templi” dell’alpinismo mondiale.
Ad ospitare questo gigante dello sport è stato il Rotary Soncino e Orzinuovi, il quale, in una serata dedicata a soci e ospiti, ha voluto dar voce ad una delle figure più autorevoli a livello globale nel mondo degli sport estremi. Moro ha infatti voluto portare all’attenzione dei suoi anfitrioni una delle più singolari e particolari esperienze vissute dall’alpinista bergamasco: l’ascesa del monte Pobeda, in Siberia, nel pieno della stagione fredda, durante la quale, nei pressi dell’altura, si toccano anche i -71 gradi centigradi. «Questa avventura nasce da un obiettivo ben preciso: mai prima di quel momento nessun altro alpinista aveva conquistato la vetta del Pobeda in pieno inverno – commenta Moro, il quale ha concluso nel 2018 l’ascesa insieme alla collega sudtirolese Tamara Lunger – Non si tratta di un monte particolarmente alto, attestandosi intorno ai 3mila metri d’altitudine, ma la sua conformazione naturale lo rende un luogo pressoché inaccessibile». Come raccontato dallo stesso Moro, prima di procedere con la salita è stato necessario un mese intero di preparazione fisica in loco, principalmente funzionale a far acclimatare il proprio organismo alle rigidissime temperature invernali della Siberia, possibile soprattutto grazie all’aiuto degli allevatori di renne migrati in queste zone nel corso del ‘900 e ivi stabilitisi insieme alle proprie mandrie. «La scalata è stata veramente dura, una lotta contro il tempo e contro i limiti del nostro stesso corpo – continua l’ospite – Il gelo, le folate di vento, il ghiaccio e le abbondanti nevicate sono solo alcune delle difficoltà che in una simile impresa si devono affrontare: spesso, il peggior nemico, se non adeguatamente formato e disciplinato, è proprio la nostra mente, il convincersi di non essere in grado di raggiungere la vetta o, peggio ancora, di non tornare più a casa sano e salvo».
L’evento è stato un vero successo: il pubblico, assiepato dinanzi al relatore, è rimasto con il fiato sospeso per più di un’ora, osservando sbalordito le riprese e le fotografie effettuate dai due atleti durante la loro ascesa. «Per il Rotary Soncino e Orzinuovi è stato un vero onore ospitare una figura di tale levatura – commenta il presidente del sodalizio delle “rive rivali” Ercole Fanottoli – A nome di tutti i soci tengo particolarmente ringraziare l’amico Andrea Cervelli, anch’egli parte integrante del nostro Club, per l’impegno e la dedizione mostrata nell’organizzare questo entusiasmante evento».
Leonardo Binda