Immaginando Martino, per gli amici e non solo, Tino, seduto accanto a me dopo aver letto questo mio scritto, conoscendo il suo modo di fare e di porsi, mi avrebbe appoggiato la mano sullaspalla e mi avrebbe commentato: “tal set Martino che me gà tegne mia … gà tegne mia a che le robe che”! Per fortuna, altri hanno contribuito in più circostanze e con meritata autorevolezza, a portare la loro testimonianza sul personaggio Martino Turotti come uomo, come artista e come cittadino orceano. Questo di Tino, è ciò che è rimasto a me e probabilmente ai molti che lo hanno conosciuto. Di sicuro, Tino, non avrebbe fatto nulla affinchè certi pregi, o qualità piuttosto che fragilità o altro, fossero resi noti, solo per il fatto che non amava l’apparire, ma preferiva chiudersi nella propria riservatezza.

Quali erano gli interessi o le cose a cui teneva Tino? … el Tolicò…. el Pala?

Chi lo ha conosciuto prima di me mi ha ricordato, che il soprannome “PALA” nasce dalla sua esagerata passione per la pesca; fin da piccolo andava a pescare con gli amici e spesso, con persone più grandi di lui e più precisamente lungo i fossi e nei “gui”. Era talmente ostinato e voglioso di poter raccogliere il pesce nel tratto di fosso scelto per essere pescato, che maneggiava con forza ed abilità quella pala, usata come attrezzo utile ed indispensabile per prosciugare quell’ultima pozza d’acqua rimasta. E’ da quel momento che gli venne attribuito il soprannome “el Pala”.

Se non mi avessero raccontato dei suoi aneddoti sulla pesca, io invece, gli avrei attribuito tale soprannome per l’enorme quantità di pittura e colori usati per dipingere una tela esposta sopra lo schermo del cinema teatro Jolly, in occasione della celebrazione della Messa nei giorni che anticipavano la festa del Natale. In quel dipinto Tino, aveva rappresentato: “Il Santo Natale nel mondo”. Questa divenne una delle opere di Tino perché tutto ciò che faceva, lo faceva bene e ci metteva tanta passione; era unico.

Ero io, che da inesperto, avevo notavo che c’era una quantità molto abbondante di colore, al punto che ironicamente gli avevo chiesto se quella pittura l’avesse utilizzata con l’uso di una “pala”, pensavo di aver capito perché avesse quel soprannome.     

Mi raccontava che non era stata cosa facile dipingere quella tela perché grande, troppo grande, ma il suo assistente Virgilio Ghirardi, interpellato da Tino per quella collaborazione, come “Saimon Gherol de Vergil” mi spiegava che il maestro si stava applicando molto perché voleva realizzarla in un modo particolare. Voleva che il risultato fosse di qualità, pur nella consapevolezza che il materiale usato non era certamente dei migliori a causa della esigua disponibilità economica. Quella tela era una delle opere che Tino dipinse all’oratorio, tra alti e bassi, tra odio e amore, tra le molte e impegnative riflessioni che tra quelle mura Tino ha maturato in quegli anni.

Non gli mancavano gli stimoli e le provocazioni da chi, voi lo sapete bene, non alto, non bello e nemmeno biondo, lo spronava anche se a volte si poneva nei confronti di Tino in modo duro e dirompente. A suo dire con noi si poneva spesso così: “ so en curat de basso macellerio, pelàt, strapelàt, pese sinquantasic chili lordi e paghe le tase”…. Penso proprio che per Tino, come per tanti di noi, l’aver incontrato negli anni della propria gioventù proprio quel prete, sia stato un fattore di crescita importante.

Lui…Tino era un uomo semplice, disponibile, forte delle sue idee e tenace su tutto ciò che riguardava la sua passione per la pittura. Esuberante nel vivere le sue passioni, duro con se stesso e spesso fragile con gli altri.

Lo stampo di uomini come lui diventa oggi sempre più raro.

Fu riferimento per la prima realizzazione della “Vecchia” diventato poi un appuntamento fisso anche per gli orceani.

E le nostre estati al fiume, chi se le dimentica? Andavamo quasi sempre alla cascina Tipoli per tuffarci nella fresca libertà e poi ci inventavamo di fermarci sulle rive del fiume o fermarci nel bosco per dormire. Abbiamo programmato anche una vacanza di qualche giorno…quanta gioia e quanta spensieratezza!

Come già detto Tino adorava la pesca ed era il matador di quella subacquea. Con attrezzi rudimentali e spesso anche senza di quelli, procurava il pesce a tutta la combriccola. A noi piaceva molto andare e vivere il fiume. Lì tra un tuffo e una nuotata ci si organizzava per la serata o per altri successivi appuntamenti che ci tenevano uniti e che creavano quel desiderio di ritrovarsi. Che belle le nostre estati!

Ed è stato proprio l’ambiente del fiume che ha alimentato la sua più grande passione per la pittura. La voglia di dipingere lo assaliva…il desiderio era incontenibile. Ogni luogo, ogni momento era quello giusto, quello adatto, quello magico…semplicemente il momento perfetto.

Alla cascina chiamata in dialetto “El Ghebò”, oppure vicino al ponte Oglio, piuttosto che nel fabbricato antistante la vecchia cava, o a fianco del ciclista Forloni, nel vicolo della scuola elementare; per lui ogni angolo era un laboratorio. Tutto nasceva come improvvisato e con molta naturalezza, ma poi la passione, la fantasia e il desiderio di fermare l’attimo con i colori e sulla tela, trasformava tutto ciò che lo circondava in una disordinata ma stupenda bottega d’artista. Pennelli, tavolozze, colori, legni, compensati, cavalletti, materiali e tante altre cose “del mestiere” era sparse attorno come fossero la sua casa.

La tecnologia lo aveva appena sfiorato, senza emozionarlo più di tanto. Un solo oggetto lasciato qua o là, dove capitava, senza un posto preciso: una macchina fotografica che non amava, ma gli serviva.

Tino, se non ci fosse stato, lo avremmo dovuto inventare.

Portava dentro di se l’amore per la natura ed era molto avanti. Vedeva al di là delle cose e coglieva ciò che con gli occhi non si può vedere. Viveva con i piedi per terra ma, come tutti quelli che hanno dei numeri in più, con la testa fra le nuvole.

Scriveva…scriveva cose belle e, con lo spirito che fossero esclusive per se stesso o al massimo rivolte ad una sola persona. Conoscendolo, le più belle penso le abbia dedicate a Rosa.

Un altro riferimento importante per il percorso formativo-artistico di Tino è stato il nostro insegnante alla scuola Media, il professore di Educazione Artistica Afro Daolio. Parlare in quegli anni, nella nostra scuola, di disegno, arte e pittura, significava parlare della coppia Daolio-Turotti. Il Preside Dottor Primo Severini, si è regalato tante soddisfazioni nell’esporre alle pareti dei corridoi della scuola, disegni e opere dell’alunno prodigio Martino Turotti.

Non ho i titoli per raccontare Tino come artista; sarei imparziale e troppo di parte perché mi piace tutto quello che ha detto, che ha scritto e che ha dipinto. Ma quelle opere che sono state esposte a Villagana nel Settembre e Ottobre 2012, molte delle quali esposte anche nelle sale della Rocca ad Orzinuovi, con la mostra a lui dedicata e inserita nel contesto            della nostra Fiera, rappresentano la massima potenza delle stagioni della sua vita artistica, sono state emozione allo stato puro per i miei occhi, per i miei sentimenti e per le mie emozioni. Un incontro divino con lo spirito immortale della natura.

Le opere di Tino sfidano il creato!  I frutti, il fiume, i sentieri, le strade, gli stagni e tutti gli elementi che rappresentava si imponevano, erano imperanti, quasi come se volesse dire” questo vedono i miei occhi… guardate che meraviglia”

I suoi sentimenti erano spesso tribolati; li viveva con intensità esagerata, alcune volte anche esplosiva.

Il sentimento di amicizia, per Tino era molto singolare, con orizzonti infiniti, senza confini. Le sue passioni e i suoi interessi li viveva in sedi e luoghi differenti ma sapeva creare ponti e legami che andavano oltre. Penso siano stati tanti i silenzi e i percorsi solitari nella sua vita. Vita che con lui non è stata molto generosa, ma una cosa è emersa in modo spontaneo, naturale nel suo breve ma intenso percorso: da quando se ne è andato, ha saputo creare tra di noi, tanto rumore e tanta vicinanza.

Tino invece, nei confronti della vita e nei confronti di molti di noi, è stato molto generoso.

Io sono stato uno tra questi fortunati per il solo fatto di averlo conosciuto e per aver condiviso con lui tanti momenti importanti della mia vita.

Martino Venturini