Quella della Bassa Bresciana è una storia tanto umile quanto straordinaria.

A volte risulta difficile pensare a quanto fosse dura ed incerta la vita nelle nostre campagne, quando ancora decine di famiglie condividevano momenti di fatica, di orgoglio e, seppur in minor misura, di felicità collettiva tra un colpo di falce, una preghiera e qualche racconto tutti insieme nella stalla. 

Ciò che contava era il lavoro, non quello delle otto ore, s’intenda, ma quello dall’alba al tramonto, secondo il corso inarrestabile delle stagioni. Ed anche il paesaggio, di conseguenza, era plasmato dalla vita di coloro che dissodavano e vivevano della generosità delle sue terre, delle sue sorgive e del suo Fiume.  

Vivono ancora, specie nelle menti di chi quei momenti li ha sperimentati molti decenni fa, retaggi di un passato tanto recente quanto distante.

Lo sa bene la famiglia Rongaroli che ancora conserva in una cascina a poche centinaia di metri dal centro di Ovanengo un magnifico mulino, perfettamente funzionante, che vanta una storia secolare.

Ve n’erano molti nella zona, di piccoli e di grandi, disseminati tra piccoli centri, frazioni e cascinali; oggi ne rimangono pochi, ed ancor meno, quasi nessuno, in attività. Un antico detto recitava «se ta ot proa le pene dè l’inferno, al frer d’estat, e al moner d’inverno», che tradotto sarebbe «se vuoi provare le pene dell’inferno, fai il fabbro d’estate ed il mugnaio d’inverno»

Gestire un mulino, infatti, è tutt’altro che una passeggiata, specie, appunto, durante i mesi successivi alla raccolta dei cereali nei campi. 

Quello di Ovanengo, in particolare, ha una storia antichissima, che affonda le radici fino al 1300. 

Anticamente di proprietà dei conti Martinengo, costruito lungo il corso della roggia Gambara, venne infine affidato, nel 1919, al mugnaio Antonio Rongaroli che, dopo averlo affittato per alcuni anni, lo acquistò per 48.000 lire nel 1921. 

La storia dei mugnai di Ovanengo prosegue dunque fino all’ottobre dello scorso anno quando Giuseppe Rongaroli, storico molitore, classe 1922, è venuto purtroppo a mancare.

«Questo mulino è un luogo magico, uno scrigno di giornate intere di duro lavoro, di fatiche e di soddisfazioni – ha raccontato Battista Gandelli, già infermiere di lungo corso presso l’Ospedale di Orzinuovi e cresciuto insieme allo zio Giuseppe, fratello di sua madre – Il fatto che l’intera struttura si sia conservata ancora sostanzialmente intatta dopo tanti decenni di attività è una vera fortuna, che ci permette ancora oggi di ammirare la bellezza e la pace di questo magnifico luogo». 

Leonardo Binda