Come la chiesa dei santi Pietro e Paolo di Orzivecchi, anche il grande e prezioso organo è sotto i ferri. Muto da parecchi lustri, tornerà a far sentire le sue note tra un paio d’anni, forse meno. Come sempre in questi casi, le operazioni di restauro sono lunghe, complicate e costose: questo antico strumento musicale ha 2 tastiere e 1.200 canne. C’è da smontarlo, revisionarlo, sistemarlo e poi rimontarlo. Il tutto per una spesa che, alla fine, non sarà tanto lontano dai 100.000 euro.

Realizzato dalla ditta Organari Bernasconi di Varese, acquistato nel 1904 dal Regio Conservatorio di Milano, questo organo era poi arrivato a Orzivecchi, dove, peraltro, è già stato restaurato un paio di volte. Ma, si sa, questi strumenti sono molto delicati e vanno continuamente… ritarati.

Questo intervento ci offre il destro per fare una veloce carrellata sulla storia dell’organo, strumento musicale che è parte integrante della cristianità e della storia.

Anche se è molto complesso e voluminoso, dal punto di vista tecnico un organo è relativamente semplice: c’è un somiere che contiene aria compressa e delle canne di diversa lunghezza. Ci sono poi delle valvole che, azionate dai tasti, consentono all’aria di entrare in questa o quell’altra canna. Ogni canna dà un suono diverso.

Detta così sembra molto facile, ma arrivare ad un organo come quello di Orzvivecchinon è stato facile. L’origine di questo strumento, infatti, è antichissima. I primi organi erano idraulici, praticamente ad acqua. Pare che il primo sia stato costruito da Ctesibio di Alessandria nel II secolo a.C. Compressa da una o due pompe, nell’organo di Ctesibio l’aria faceva scendere il livello dell’acqua contenuta in una campana di bronzo o di rame immersa in un tino. In questo modo l’acqua spingeva l’aria verso le canne, facendole suonare.

Funzionava, ma era una fiera. Infatti in epoca ellenistica il complesso sistema di alimentazione idraulica viene sostituito dai mantici. Ma, siccome il mantice ha un momento attivo e uno passivo (quando si comprime spinge l’aria nel somiere, quando lo si apre invece no), c’era il problema che la pressione dell’aria non era costante. Ecco allora la soluzione (che si vede chiaramente in tante miniature medievali) di utilizzare due mantici «sfasati», così che quando uno si carica di aria, l’altro la spegne nel somiere. Funzionava, almeno meglio del sistema con un solo mantice. Solo che, per suonare, di fatto servivano 5 persone: una alla tastiera, due ai mantici (uno per ciascun mantice) e altre due persone che davano il cambio, perché azionare il mantice era faticoso. Tutti questi problemi sono stati risolti con l’arrivo della corrente elettrica e dei «ventilatori», che soffiano l’aria nel mantice mantenendo una pressione costante, e soprattutto senza fatica.

Tra un paio d’anni, quando l’organo di Orzivecchi sarà revisionato e montato, basterà premere un pulsante e, senza fatica, l’organista di turno potrà suonare liberamente senza acqua e senza mantici. MTM