Si è spento martedì 23 agosto Giuseppe Ferretti, fra gli artisti monteclarensi più significativi nell’arte pittorica contemporanea. Era nato il 21 settembre del 1941. Uomo estremamente discreto e artista molto schivo e riservato, non amava i riflettori e rifuggiva anche da mostre o personali dove i suoi quadri fossero troppo messi in luce. Le sue ultime esposizioni risalgono ad una decina di anni, allorquando si fece notare in alcune collettive con lavori dedicati alla Passione di Cristo e alla Natività e nella personale organizzata nell’autunno 2011 in Galleria Civica. Amava passeggiare in solitaria per il paese e utilizzare la lingua madre dialettale anche per approcciarsi ai concetti più profondi della critica pittorica contemporanea ed era molto noto in paese per aver gestito, con la moglie Anna, l’osteria “Il Castello” in via XXV Aprile, locale che si era trasformato in breve tempo, grazie al suo carisma innato, in un vero e proprio cenacolo artistico. I suoi dipinti, hanno dichiarato alcuni critici, sono «Fogli abitati da grafi esistenziali, superfici accoglienti ogni forma e pensiero, ogni sensazione e ricerca, abitati da aperture vitali. Si tratta di opere che mostrano le meravigliose possibilità di esistenza». Lo scrittore d’Arte Fabrizio Migliorati, che più volte ha avuto l’onore di avvicinarlo e di curare le sue esposizioni, lo ricorda così: «Uomo a volte burbero, certo, affaticato nella lotta contro un mondo che non comprendeva la sua lingua ma radicalmente innovativo, appassionato, completamente dedito a quella che, e anche questo fa parte dei suoi insegnamenti, fu il suo amore e la sua condanna. Quell’arte che, forse gelosa del suo genio, se lo teneva stretto stretto nel labirintico atelier colmo di visioni appassionate, spesso figlie di una gestualità dedita alla vitesse informale. Giuseppe Ferretti era stato insignito nel 2018, dalla Fondazione Zanetto, del Talent Gold. In quell’occasione venne immortalato in uno dei suoi ultimi scatti pubblici dall’amico giornalista Mario Cherubini, immagine che ci riconsegna il ritratto di un artista a cui bastava la sua arte per sentirsi se stesso (foto per gentile concessione).

Marzia Borzi