C’è anche Montichiari fra le città narrate in “Città e scrittori”, il volume collettivo curato da Angelo Gaccione e uscito lunedì 5 maggio per la Di Felice Edizioni. Una carrellata di trentasei autori, che nella vita di tutti i giorni svolgono professioni anche molto diverse, uniti nel sentire comune fra i più classici della Letteratura: quello della descrizione delle loro città o di quei luoghi che per memoria, suggestione e atmosfera, hanno segnato in modo indelebile il loro vivere. Una sorta di esplorazione intima e personale che mira ad evocare non solo grandi e piccoli centri urbani ma il profilo stesso di chi scrive e che, attraverso la rappresentazione letteraria del luogo del cuore, compie una ricognizione storico – letteraria dentro l’umanità stessa e ce la riconsegna sviscerata, trasformata, mitizzata e condivisa. Tra le città narrate, quali Torino, Milano, Roma, Zurigo, Modena, Ferrara, Brescia (con il testo dell’economista Marco Vitale) ecc. e gli autori di grande richiamo come Dacia Maraini, Roberto Pazzi, Maurizio Cucchi, Vincenzo Guarracino, Alessandro Zaccuri, Graziano Mantiloni, ecc., c’è anche Montichiari, raccontata con toni lirici dal giornalista e critico letterario Federico Migliorati. Un racconto personalissimo il suo che tratteggia una città ad acquarello con i suoi viali alberati soffusi di luce serotonina, le piazze e gli storici monumenti, il castello e le trenta chiese (tra cui spiccano la Pieve e il Duomo) e, poi, più in là, la modernità sempre auspicata e forse mai raggiunta fino in fondo tra l’area industriale e i nomi altisonanti che restano solo nell’immaginario collettivo di una “grandeur” fissata solo sulla carta. Un “piccolo mondo resiliente a certe dinamiche da città” con i suoi vizi e le sue virtù borghesi e provinciali che la mantengono in un’immobilità di scelta che è parte stessa del suo essere meravigliosa. «Se è vero che siamo figli del nostro tempo e del nostro passato – chiarisce Migliorati – è altrettanto vero che in noi si manifesta, seguitando nell’esistenza, quel crogiuolo di luci e di ombre del microcosmo di città, quella dove siamo nati, cresciuti, che popoliamo nella realtà o nella memoria. E nel mio caso Montichiari è il mio respiro, il mondo che porto dentro come una terra madre, in cui batte quella piccola storia personale sempre imbevuta, tra i flutti talvolta aspri del quotidiano, di una gioia leggera».
Marzia Borzi