Si parla quasi quotidianamente del disagio (vero o presunto) di alcuni adolescenti. La cronaca mostra fenomeni inquietanti che finiscono per sensibilizzare l’opinione pubblica e spesso forniscono solo una parte della realtà. A fronte di tanti episodi di violenza che vedono protagonisti giovanissimi, ci sono storie di impegno nella scuola, in famiglia e nel volontariato che evidenziano come i nostri giovani siano per la gran parte persone serie e mature. Ciononostante non si può non riflettere di fronte a episodi sempre più frequenti di aggressioni, di violenza fisica e verbale ad opera proprio di ragazzini. Questo impone una seria analisi da parte della società e induce coloro che operano in questi ambiti a studiare fenomeni forse antichi ma con procedure e accezioni assolutamente nuove. Il centro Criaf, che opera dal 1999 ed è diretto dalla dottoressa Paola Cattenati, conosce perfettamente la realtà giovanile poiché è attivo da tempo sul territorio bresciano e cremonese, attraverso sportelli di ascolto, in numerose scuole tra cui quelle di Manerbio. Questo centro ha portato avanti una ricerca sul senso di legalità dei giovanissimi. Il campione di ricerca ha coinvolto un totale di 2.118 studenti fra i territori di Cremona e Brescia e i dati raccolti sono l’esito degli sportelli di ascolto attivati nelle scuole, di incontri di gruppo e di questionari ad hoc. “Il concetto di giustizia per i ragazzi è un concetto astratto che ognuno interpreta a proprio modo” spiega Cattenati analizzando i risultati della ricerca “c’è chi considera la giustizia come strumento di protezione e sicurezza, ma anche atto di vendetta, strumento di punizioneper chi commette errori, ma anche per rispettare gli altri. Molti denunciano il fatto di non saper definire che cosa sia la giustizia». L’analisi mette in evidenza, per esempio, che non restituire i soldi ad un amico per il 59% è legale, lo è pure scaricare materiale pirata da internet per il 56%. Per il 51% è lecito pubblicare foto di altri sui social media senza il loro consenso, così come è legale per il 53% creare un profilo falso per denigrare la persona. Il 55% reputa lecito diffondere informazioni false su una persona solo per ferirla. La percentuale cambia quando dal mondo del virtuale — considerato evidentemente impunito e libero da vincoli morali — si passa al mondo reale e così imbrattare un edificio pubblico è legale per il 19%. Nella ricerca condotta dal Criaf emerge, quindi, la scarsa consapevolezza di ciò che sia giusto e ingiusto, legale e illegale. Dallo studio, poi, emerge che i ragazzi percepiscono azioni violente non solo dal web ma anche dagli stessi adulti in contesti assolutamente quotidiani. I dati raccolti offrono uno spunto di riflessione fondamentale per gli adulti, in quanto comportamenti e azioni illegali che vengono agiti con regolarità e frequenza, se non adeguatamente orientati, possono condurre i ragazzi ad intraprendere ‘carriere devianti’ — afferma Cattenati che conclude “Pertanto, è fondamentale che gli adulti svolgano un ruolo attivo nell’accompagnare i giovani nella costruzione di una consapevolezza solida riguardo alla legalità, promuovendo il dialogo, la riflessione e la responsabilità ed il senso critico».
Barbara Appiani